"Sei ore di attesa con la febbre a 40". La rabbia dei genitori del piccolo

La testimonianza dei familiari di un bambino di Milano conferma la situazione preoccupante in cui versa la sanità locale, che non riesce a fare fronte alla richiesta di soccorso da parte dei cittadini

"Sei ore di attesa con la febbre a 40". La rabbia dei genitori del piccolo

Un’odissea quella vissuta da una famiglia di Milano in attesa di ricevere cure in ospedale per il loro bambino influenzato. La testimonianza affidata al Corriere della Sera da due genitori stanchi delle lunghe attese al pronto soccorso dell’ospedale Buzzi conferma la situazione preoccupante in cui versa la sanità locale, che non riesce a fare fronte alla richiesta di soccorso da parte dei cittadini. Come riportato da Il Giornale.it, in questi ultimi giorni i reparti di pronto soccorso delle strutture pediatriche cittadine sono stati presi d’assalto da decine di genitori preoccupati per la febbre alta dei loro figli. Il caso evidenziato dal quotidiano di via Solferino è emblematico: un bimbo di appena 20 mesi, con sintomi influenzali gravi, è stato costretto ad aspettare per ore in codice verde al pronto soccorso, dopo che il suo pediatra in precedenza non aveva risposto al telefono alle chiamate della madre, ed è ritornato a casa senza ricevere le cure.

Il racconto

I genitori hanno scritto sui social media il loro sfogo. Domenica scorsa il loro figlio più grande, di meno di 2 anni, ha cominciato a tossire. Poi è salita la febbre fino a 40 gradi, senza calare neppure con gli antipiretici. Il giorno dopo la madre ha cercato di contattare il pediatra, che però non ha mai risposto. “Non perché fosse disinteressato – ha precisato la donna – ma non aveva il tempo, subissato da richieste simili. Il suo telefono era costantemente occupato, non riusciva nemmeno a prendere la nostra chiamata”. Una situazione paradossale. Non migliorando le condizioni del bambino, i genitori hanno deciso di portarlo al pronto soccorso del Buzzi ma, dopo aver impiegato due ore solo per superare l’accettazione, hanno capito che avrebbero dovuto attendere dalle sei alle dieci ore prima che il piccolo potesse essere visitato, seduti a terra perché le poltroncine erano tutte occupate. “La febbre era momentaneamente scesa con un antinfiammatorio – ha sottolineato la madre del bimbo – e abbiamo deciso di tornare a casa”.

La solidarietà tra genitori

Non tutti, in ogni caso, hanno rinunciato, anzi, in attesa di varcare la soglia del reparto e di incontrare il medico di turno, i genitori si sono confrontanti sulle esperienze vissute. In pochi erano riusciti a parlare con il pediatra di fiducia e i più tenaci avevano fatto il giro di tutti i reparti di pronto soccorso di Milano. Una corsa contro il tempo con la paura che il proprio bambino non sia affetto da una semplice influenza ma da una malattia ben più grave. “C’è anche la meningite – ha commentato la mamma del bimbo di 20 mesi – viviamo nel terrore”. Il suo piccolo alla fine se la caverà senza troppi problemi, ma il rischio corso è stato alto.

“Questa situazione – ha concluso la donna – è un cane che si morde la coda. I pediatri hanno troppi pazienti, i genitori respinti, in presenza di certi sintomi, si spaventano e vanno nei pronto soccorso che così si ingolfano. Anche questa è malasanità”.

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