
Il tempo scorre inesorabile e si avvicina la data del vincolo sul secondo anello che impedirebbe al comune di Milano di concludere l'accordo sul Meazza di San Siro coi fondi americani che controllano Milan e Inter: un punto di non ritorno, dunque, anche per Beppe Sala, che vedrebbe sfumare il tanto agognato progetto di vendita. Ma quando scatta davvero questo vincolo?
Niente dimissioni
Il sindaco, che ha fatto grandi pressioni sulle due società per chiudere l'accordo il prima possibile, non ha alcuna intenzione di farsi da parte anche se dovesse saltare la trattativa, uno dei punti fermi del suo programma. In Consiglio comunale, si sa, neppure nella maggioranza sono tutti d'accordo, anzi, dal momento che i Verdi hanno fin da subito manifestato la loro contrarietà a un progetto che prevede l'abbattimento del vecchio Meazza e la costruzione di una serie di nuovi edifici nelle aree ad esso circostanti. Una vera e propria "speculazione edilizia", come detto senza giri di parole dai comitati cittadini che continuano a opporsi con forza.
Lo snodo dell'11 settembre in Consiglio comunale
Giovedì prossimo sarà una data fondamentale, essenzialmente per due motivi. Se da un lato giunta dovrebbe varare la delibera da mandare in Consiglio comunale con la speranza di raggiungere l'approvazione, dall'altro - secondo alcuni comitati di cittadini - potrebbe scattare il vero vincolo sul secondo anello, per il quale non bisognerebbe invece attendere il 10 di novembre come ci si aspettava.
Sala, quindi, spera di non trovare ostacoli lungo il suo cammino, e anche se non tutti i dettagli dell'accordo coi fondi americani alle spalle di Milan e Inter risultano noti, si conoscono alcuni elementi forniti dai consiglieri dem nei giorni scorsi per portare acqua al loro mulino.
Gli accordi prevedono non solo la vendita di San Siro ma anche quella delle aree adiacenti, per un totale di circa 290mila metri quadrati. In caso di acquisizione, gli investitori abbatterebbero il vecchio impianto, conservandone solo una parte, e costruirebbero il nuovo stadio con solo 70mila posti, e poi uffici, hotel, un museo, aree di ristoro e un enorme centro commerciale. Quella nelle intenzioni della giunta Sala sarebbe un'operazione immobiliare da 1,3 miliardi di euro che dovrebbe consentire ai fondi proprietari di Milan e Inter di rientrare nelle spese dello stadio, ripianare i debiti e vendere le società con una plusvalenza.
Il problema per Sala, difficile da risolvere, sono le forti opposizioni anche in maggioranza: contrari ad oggi risultano Carlo Monguzzi e i Verdi, i dem Alessandro Giungi e Rosario Pantaleo e l'ex Lista Sala Enrico Fedrighini. Non solo, dal momento che tanti sono ancora incerti. L'unica speranza per il sindaco è che dal centrodestra qualcuno remi dalla sua parte, magari abbandonando l'aula durante le votazioni per abbassare il quorum.
Scatta il vincolo?
L'11 settembre, tuttavia, potrebbe al contempo già scattare il vincolo sul secondo anello: sostengono alcuni cittadini che nella stessa data del 1955, durante un derby precampionato tra Milan e Inter, il secondo anello era infatti già stato completato e occupato. Il che farebbe retrodatare a giovedì prossimo i 70 anni necessari senza attendere il 10 novembre, ovvero i 70 anni dalla data di collaudo. Motivo per cui il Comitato promotore del referendum su San Siro ha già inviato una diffida al comune di Milano.
Stante quanto previsto dal Codice dei beni culturali, per far scattare un vincolo non serve un atto formale ma semplicemente l'esecuzione materiale dell'opera, e per quanto concerne i beni di proprietà pubblica, nei quali rientra anche il Meazza di San Siro, la normativa fa riferimento alla "presunzione di culturalità", che fa scattare la conseguente tutela.
L'avvocato Veronica Dini sostiene che non sono solo i giornali dell'epoca, che documentano l'utilizzo degli spalti, ma anche il verbale di collaudo, secondo cui l'11 settembre 1955 in occasione del derby precampionato le gradinate del secondo anello realizzate dall'impresa Sogene "sono state messe a disposizione del pubblico, che le ha occupate in ogni ordine di posti". E questa sarebbe una grana insormontabile per Sala, dal momento che non si potrebbe più realizzare il progetto, scattando la disciplina di presunta culturalità relativa ai beni culturali di proprietà di enti pubblici (some il San Siro), ecclesiastici o privati senza scopo di lucro.
I costi
La cifra stabilita dall'Agenzia delle entrate è di 197 milioni, ovvero 73 per lo stadio e 124 per le aree adiacenti: un costo già estremamente basso rispetto a quelli noti per Milano a cui la giunta ha aggiunto un ulteriore sconto da 36 milioni per agevolare le spese dei lavori di bonifica,
demolizione e realizzazione di opere pubbliche, come lo spostamento del tunnel di via Patroclo. "Non chiamiamolo sconto, ma compartecipazione", aveva dichiarato la capogruppo dem in consiglio Beatrice Uguccioni.