La stanza di Feltri

Le brutte notizie come pane quotidiano

Dall'esposizione massiccia di notizie negative ci si può in qualche maniera difendere spegnendo la televisione

Le brutte notizie come pane quotidiano

Ascolta ora: "Le brutte notizie come pane quotidiano"

Le brutte notizie come pane quotidiano

00:00 / 00:00
100 %

Gentilissimo Direttore Feltri,
le scrivo per sottoporle un mio problema personale e mi auguro che la cosa non la infastidisca. Io e mia moglie stiamo soffrendo tanto questa incessante esposizione a notizie e immagini terribili di guerre, morti, città rase al suolo, sangue, gente massacrata, bambini inclusi. A questo si aggiunga il pericolo sempre menzionato di una guerra nucleare. Televisioni e giornali non offrono nient'altro che questo e noi siamo sempre più avviliti, depressi, sconfortati. Come fa lei a reggere da oltre sessant'anni il peso dell'informazione? Si è mai sentito sopraffatto da tutto questo?
Ludovico Migliore

Caro Ludovico,
dall'esposizione massiccia di notizie negative ci si può in qualche maniera difendere spegnendo la televisione, sorvolando sugli articoli di giornale che ci risultano pesanti, deponendo il telefonino, perché anche questo aggeggio ormai ci somministra la nostra dose quotidiana di informazioni di ogni tipo e costantemente aggiornate. Vedi, informarsi è un dovere, essere informati è un diritto, ma esistono dei limiti che coincidono con quello che ci fa stare bene e quello che non ci fa stare bene. Del resto, gli scienziati da anni parlano di una vera e propria sindrome di tipo depressivo innescata dalla bulimia di notizie a tinte fosche, lugubri, pesanti. I sintomi sono insonnia, abbassamento dell'umore, insorgenza di paure che si trasformano in vere e proprie fobie. È opportuno sfogliare un giornale o anche due, seguire al mattino e anche alla sera il telegiornale, per conoscere i fatti del giorno. Non è necessario andare sempre a caccia dell'ultima ora.

Certo, la responsabilità è anche di noi giornalisti, che tendiamo a concentrarci in modo ossessivo sempre sugli stessi argomenti, a cui dedichiamo intere paginate, quando ne basterebbe una o mezza. Questa attitudine latente è divenuta un vizio durante la pandemia, quando l'informazione è diventata particolarmente ripetitiva, anzi oltremodo monotona. Dovremmo cercare almeno di vincere questa deformazione, ossia di migliorare, ampliando la nostra proposta al lettore. Insomma, è vero che ci sono guerre in corso, ma è altrettanto vero che non si può raccontare solamente questo. Il rischio è anche quello di favorire una sorta di processo di assuefazione per cui l'opinione pubblica non risulta nemmeno più scossa da certe visioni sanguinarie, le quali divengono amaramente abituali, ossia normali.

Non aspettarti che un giorno i quotidiani ti diano solo belle notizie. I giornali narrano la realtà, la quale fa irrimediabilmente schifo. E hanno successo (oggi di meno) perché si dedicano a questa attività qui, perché contengono soprattutto pessime nuove. Nessuno acquista il giornale per leggere amenità. Tutti lo acquistano per conoscere i dettagli, ad esempio, di fatti di sangue, omicidi efferati, violenze atroci. L'essere umano ha questa morbosità malata.

Dosa le informazioni che assorbi in base alla tua personale resistenza. Io sotto questo profilo ho dovuto farmi le ossa, come si usa dire, quando ero ancora un giovanissimo cronista e tuttora mi capita - lo ammetto - di restare particolarmente turbato da determinati eventi, come la morte per stenti della piccola Diana, bimba di 16 mesi, abbandonata in una Milano rovente per sei giorni dalla madre, Alessia Pifferi, la quale intanto se ne stava fuori città con l'amante. Diana nel mentre era agonizzante, piangeva disperatamente, attendeva la mamma che non sarebbe mai arrivata.

Non se ne parla mai, ma i giornalisti sono molto condizionati da questo fiume di cronache di ogni colore a cui sono costantemente sottoposti. È inevitabile che esso influisca sul loro umore, sui loro pensieri, sulle loro emozioni. Forse nessuno più di un giornalista si porta il lavoro a casa. Gli resta addosso.

Attaccato.

Commenti