Cronaca nera

"Insegniamo alle donne a difendersi". Lo scivolone della Stampa sul brutale omicidio

Non sono le donne a dover esser educate a scappare dalle violenze. Ma è l'uomo che deve imparare a rispettarle e a incanalare la sua forza verso obiettivi alti

"Insegniamo alle donne a difendersi". Lo scivolone della Stampa sul brutale omicidio

Giorni sospesi. Giorni in cui si è sperato fino all'ultimo che Giulia Tramontano, la 29enne sparita nel nulla a Senago, fosse ancora viva. Giorni in cui la sua foto era ovunque sui social: "Se qualcuno dovesse averl avista, ci faccia sapere qualcosa". Poi, nel giro di qualche ora, quello che era solo un sospetto è diventato realtà. La più banale e più tragica allo stesso tempo. Giulia è stata accoltellata dal suo compagno, Alessandro Impagnatiello. Ciò che è stato inferto alla ragazza, e al figlio di sette mesi che portava in grembo, è stato descritto fin troppo dettagliatamente dai giornali e non lo riporteremo qui per una questione di rispetto. Perché il macabro, e la passione per esso, ha un che di morboso. Di demoniaco.

La cronaca nera stimola sempre riflessioni, tanto nelle redazioni quanto nelle piazze. Perché un uomo ammazza la propria compagna? Perché si accanisce in un modo così terribile contro la donna che dice di amare (ma come si può usare una parola simile quando si compiono queste azioni?) e contro il figlio che non vedrà mai? Il male, però, interroga l'uomo da sempre. I perché si rincorrono e rispondere non è mai facile. Ci ha provato su La Stampa Annalisa Cuzzocrea con un articolo inizialmente intitolato Al Paese serve un'opera di educazione profonda: dobbiamo insegnare alle ragazze a salvarsi. Un titolo ambiguo, se non nocivo in quanto scarica tutte le colpe sulle donne, che è stato poi cambiato in Uomini che uccidono le donne: al Paese serve un’opera di educazione profonda. Meglio, nonostante il contenuto dell'articolo. La Cuzzocrea, infatti, riesce a scrivere: "Il dato sui femminicidi non cala da anni nonostante a livello legislativo tanto si sia provato a realizzare. Tanto, ma non abbastanza. Non cala perché non si è fatto - di pari passo col lavoro in Parlamento - un’opera di educazione profonda nel Paese, a partire dalle scuole. Non si parla di sentimenti e di come gestirli nelle nostre classi, è un tabù, sia mai arrivi il 'gender'. Non si parla di sesso, meno che mai, anzi ci sono presidi che invocano l’epurazione dei baci gay dalle mostre fotografiche. Non si insegna alle ragazze quel che devono sapere fin dal primo giorno: al primo segno di violenza, prendi tutto e vai via. Ci sono massi che non possono che rotolare giù e questo sono, i semi di violenza negli uomini".

Ora, cosa c'entrino il gender e i baci gay con la violenza sulle donne non è dato sapere. Tuttavia ci sono alcuni punti nel ragionamento della giornalista che non tornano. Primo tra tutti che l'educazione debba passare soprattutto dalla scuola, dove i bambini sono "un mattone nel muro di milioni di mattoni", per dirla con Giovannino Guareschi. Non è così. La scuola deve dispensare sapere. Deve scaldare i carboni della curiosità e della conoscenza. L'educazione, infatti, avviene (oppure no) soprattutto tra le mura domestiche e deve passare in primo luogo dalla famiglia, che non può (e non deve) appaltarla agli istituti. Sono papà e mamma che devono insegnare ai propri figli maschi (oggi parliamo solo di loro perché sono loro, tutti e indistintamente in quanto portatori di pene, ad esser finiti sotto accusa da un po' di anni a questa parte) che la loro forza deve essere al servizio di qualcosa o di qualcuno. Che devono imparare a gestirla perché è proprio questa capacità, che si acquisisce con la fatica, a rendere un uomo forte e non violento. Forte in un senso ampio, non solo fisico, ma anche e soprattutto morale. Un uomo forte è infatti un uomo coraggioso. Un uomo che dà il proprio cuore alle persone che ama, anche a costo di esser ferito. È questa la prima distinzione tra uomo e maschio. Non è un caso che i latini, che avevano una maggior proprietà di linguaggio rispetto a noi, usavano due parole distinte e in parte contrapposte per indicare il genere maschile: homo (maschio) e vir (uomo), un termine che aveva un significato più profondo e dal quale derivano virtus (virtù), vis (forza) e virilitas (virilità). Tre parole che oggi sono diventate obsolete ma che hanno un grande valore in quanto su di esse è stata costruita la nostra stessa civiltà.

"Non si parla di sesso", scrive la Cuzzocrea. Basta guardarsi attorno per capire che, in reatà, se ne parla fin troppo e da troppo tempo. Negli anni Cinquanta, infatti, i pubblicitari compresero una cosa banale: il sesso aiuta a vendere, come scrive Vance Packard ne I persuasori occulti (Einaudi): "Già da molti anni le agenzie pubblicitarie si servivano largamente di motivi sessuali per attrarre l'occhio del consumatore. Ma con l'avvento delle nuove tecniche il sesso venne utilizzato nelle sue pieghe più complesse, si ramificò, prese sottilissime sfumature. Si volle agire sugli 'strati' più bassi dell'umana coscienza. I motivi 'piccanti' e di semplice 'seduzione', un tempo così popolari, pur essendo ancora usati nella normale routine della vendita, venivano ormai giudicati come armi di scarsa penetrazione". Era l'inizio della rivoluzione dei costumi (e dei consumi). Il movimento hippy e il '68 fecero il resto. Oggi troviamo il sesso ovunque. Sul telefonino, sulla tv e, ovviamente, nelle pubblicità. E i ragazzi, sia maschi sia femmine, ne sono attratti (come è normale che sia). Ma a questo momento così delicato e importante della loro vita ci arrivano giovanissimi e non sanno come trattarlo. Pensano che il sesso sia come quello che vedono in rete e, una volta scoperto che non è così, che le ragazze vogliono essere innanzitutto rispettate, impazziscono. Vogliono domarle e, così facendo, spesso sfoderano tutta la loro violenza. Vogliamo davvero aiutare i ragazzi? Togliamo loro il porno. Lasciamo che il sesso resti un tabù, che i giovani lo scoprano poco alla volta e al momento opportuno. Che ne parlino tra di loro, bisbigliando e vivendolo come una trasgressione e non come una cosa scontata.

Solo così troveranno la vera innocenza e la vera trasgressione.

Imparando a rispettare innanzitutto gli altri.

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