“La fotografammo nella camera ardente”: l’altra donna del caso Orlandi

Sembra sciogliersi il mistero di una delle rivendicazioni sul rapimento di Emanuela Orlandi, in cui si faceva riferimento a un'altra donna: le dichiarazioni di Marco Accetti

“La fotografammo nella camera ardente”: l’altra donna del caso Orlandi
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La morte di una donna vicina al Vaticano sarebbe stata usata per esercitare pressioni durante un’importante trattativa. Potrebbe aver trovato una decodificazione uno dei messaggi ricevuti a Boston dal giornalista Richard Roth nell’autunno 1983 in merito al rapimento di Emanuela Orlandi, avvenuto il 22 giugno dello stesso anno. È quanto emerge dalle indagini per il trafugamento della salma di Katy Skerl, indagini che hanno permesso di risalire a una donna che avrebbe letto un proclama inviato allo stesso Roth. Non è tuttavia dato sapere al momento né se la donna sia stata ascoltata nell’ambito delle indagini sulla Orlandi, né se in effetti queste nuove informazioni si siano inserite nelle stesse indagini.

Il messaggio in questione, che non era mai stato compreso, si riferirebbe a Paola Diener, figlia di Joseph Diener, che fu responsabile dell’Archivio segreto vaticano. La donna morì folgorata nella vasca da bagno il 5 ottobre 1983: un incidente domestico che, a dire di Marco Accetti, fotografo romano che si autoaccusò del sequestro Orlandi, fu sfruttato per esercitare pressioni sul Vaticano nell’ambito della commissione bilaterale sullo Ior che, a cavallo tra l’estate e l’inizio dell’autunno 1983, aveva delle scadenze per la consegna dei risultati, come riporta un articolo di Fabrizio Peronaci sul Corriere della Sera.

A differenza di Emanuela e di Mirella - dichiarò Accetti circa 10 anni or sono, in tempi non sospetti quindi - la Diener non doveva essere sequestrata, ma utilizzata a fini di ricatto. Ci serviva una nuova donna per influire sui lavori della Commissione bilaterale riguardante i fatti dell'Istituto opere di religione, che avrebbe dovuto consegnare i risultati entro il 30 settembre 1983”. Ecco qui quindi il presunto trait d’union, quel tassello mancante sul sequestro di Mirella Gregori su cui ci si è interrogati a lungo: in pratica, secondo Accetti, sia Orlandi che Gregori sarebbero state rapite per esercitare pressioni sui membri vaticani della commissione bilaterale sullo Ior. Sempre che queste circostanze siano provate dagli inquirenti.

Il 30 giugno 1983 - disse ancora Accetti in un passato interrogatorio - la commissione incaricata di risolvere il contenzioso Ior-Ambrosiano avrebbe dovuto esprimere un parere definitivo e risolutivo sulla vertenza, ma venne aggiornata. I lavori furono rinviati sine die. Tale decisione ci insospettì, per cui le due ragazze vennero ulteriormente trattenute in attesa di comprendere le ragioni del rinvio”.

Paola Diener invece non doveva essere sequestrata: sarebbe stata solo attenzionata per via della sua famiglia, ma l’incidente domestico colse di sorpresa i rapitori, che tra l’altro ne avrebbero appreso dalla stampa, nonostante le dichiarazioni di Accetti, secondo cui sarebbero state piazzate delle cimici in casa Diener.

Ritenemmo il fatto assolutamente incidentale - spiegò Accetti riferendosi alla morte di Diener - ma lo sfruttammo per far credere che fosse nostra opera, citandolo in uno dei nostri comunicati. […] Fotografammo il viso della Diener presso la camera ardente e lo mostrammo a chi di dovere”. Naturalmente starà agli inquirenti valutare se riascoltare Accetti e ritenerlo attendibile o no.

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