
“Su Garlasco è in corso una valida inchiesta, che può dirci cosa è accaduto prima e dopo i fatti, ma non incide sulla verità già sancita da una sentenza giudiziaria”. Ne è convinto l’avvocato Carlo Taormina, professore ordinario di Procedura Penale presso l’Università Tor Vergata, ospite in una puntata del programma Psiche Criminale in onda sul canale 122 Fatti di Nera. “Il tema centrale – ha spiegato Taormina – è che si tratta di un chiaro delitto d’impeto, un delitto commesso da una sola persona, perché questo ci dicono i dati oggettivi. Certo, ci sono sicuramente state delle insufficienze e delle carenze investigative che non discuto, perché dettagli sfuggono in tutti gli omicidi e in tutte le investigazioni. Però, francamente, non mi riconosco in questa narrazione”.
La nuova inchiesta, infatti, sta cercando di far luce su altri aspetti, partendo dall’iscrizione nel registro degli indagati per concorso in omicidio di Andrea Sempio che, secondo la tesi accusatoria tutta da dimostrare, potrebbe aver avuto un ruolo nell’assassinio di Chiara Poggi, avvenuto nella villetta di via Pascoli a Garlasco il 13 agosto 2007. Un punto fermo – con la condanna definitiva di Alberto Stasi – era già stato messo dalla Cassazione anni fa, ma adesso tutto (o in parte) sembra essere tornato in discussione. Il prossimo 4 luglio riprenderanno gli accertamenti nell’ambito dell’incidente probatorio sul delitto di Garlasco, partendo dalle analisi di alcuni oggetti alla ricerca di tracce di sangue e di DNA che possano raccontare una nuova verità sull’omicidio di Chiara Poggi. Attenzione anche ad alcune impronte digitali ritrovate sul luogo del delitto nel corso dei rilievi, così come ai reperti trovati nella spazzatura.
“Stiamo a vedere – ha aggiunto Taormina – perché c’è un’inchiesta in corso che ha avuto inizio sulla base di attività svolte dalla difesa di Alberto Stasi, quindi procediamo dall’origine della nuova richiesta. Si tratta di un’inchiesta nella quale sono emerse diverse cose e siamo obbligati a guardarla con grande rispetto e attenzione. Però mi pare che, fino ad ora, la situazione non presenti delle novità particolarmente significative, anche perché ogni volta che viene fuori la notizia di tracce ematiche o di impronte papillari o altro, il giorno dopo vengono smentite. Parlo, per esempio, della famosa impronta 10 che era sulla maniglia della porta e che avrebbe dovuto essere il sangue di Chiara portato dall’assassino, oppure dell’impronta 33. Bisogna stabilire quante e di chi siano quelle impronte che all’origine erano state escluse, insomma”. Secondo Carlo Taormina, però, non cambia molto: “Francamente, a me sembra che al cuore del problema ci si voglia voltare dall’altra parte. Il problema è che forse ci sarà da riscrivere qualcosa sulle presenze nel momento dell’omicidio lì nella casa di Chiara Poggi. Ma certamente, dal punto di vista della dinamica, quell’unica scarpa che lascia l’impronta dice che c’è un unico assassino”.
“Se sotto le unghie di Chiara Poggi c’è DNA di Sempio – ha chiesto in studio Carlo Taormina – perché non lo arrestano? Nel provvedimento che dispone l’incidente probatorio, non si parla di DNA di Sempio, ma di materiale sopra le unghie che può essere esaminato e che ha caratteristiche maschili che non appartengono a Stasi. Inoltre, si dimentica che quando fu trovata la bicicletta di Stasi erano stati sostituiti i pedali sui quali c’erano tracce di sangue di Chiara Poggi. Guardando con grande attenzione ciò che sta accadendo a livello giornalistico sulla vicenda, credo che si tratti di dare più una narrazione che si autoalimenta, nel senso che prende in considerazione alcuni dati, poi li rielabora, poi ne inserisce degli altri. Allora, anzitutto, pare che questa procura sia un colabrodo, perché fino a questo momento non è mancato assolutamente niente. Abbiamo saputo di tutto e di più, quindi io non penso che la Procura abbia altri assi nella manica da poter utilizzare. Attendiamo i risultati del DNA, credo che comunque stiamo parlando di un contorno, pur guardando con rispetto all’indagine che si sta svolgendo”.
Sulla questione del profiling, Carlo Taormina ha un’idea ben precisa e molto critica: “Il profiling non può sostituire un’impronta. Sono un amante e un sostenitore della criminologia, anche se in questo caso parliamo più che altro di criminalistica. Si può fare il profilo più preciso e interessante possibile, ma un profilo non può sostituire la scarpa, l’unica impronta di una scarpa che è stata trovata sulla scena del crimine. Ecco, tanto per intenderci, a me sembra che si sia dato molta importanza a situazioni di contorno: è come la questione del dito e della Luna”.
Secondo l’avvocato Taormina, non viene ricordato che “l’ex comandante dei carabinieri di Garlasco, Marchetto, è già stato condannato per favoreggiamento in passato” e che “il testimone Moschitto riportava dettagli che qualcuno gli aveva dato, non erano suoi, per questo aveva ritrattato”. Inoltre, secondo il docente di procedura penale, “dopo tanti anni in carcere, Stasi non ha mai detto niente rispetto a certe situazioni. Potrebbe saperlo se effettivamente ci fosse Sempio sul luogo dell’omicidio. A me sembra che questa inchiesta in realtà abbia come finalità quella di chiudere la bocca a Stasi e di mostrare come sono andati effettivamente i fatti, oppure in alternativa arrivare alla ricostruzione anche giudiziaria del cosiddetto movente. È chiaro che chi ha ucciso Chiara Poggi ha voluto punirla. Possibile che Stasi abbia reagito violentemente a qualcosa che riguardava i rapporti tra Sempio e Chiara.
Segni e impronte in tavernetta? Io distinguo tra le presenze nella villetta e la partecipazione all’omicidio. Una seconda presenza – ha concluso Carlo Taormina – ha riguardato l’ambiente, non la scena del crimine. Dunque, se è accaduto qualcosa nella tavernetta potrebbe essere un pre o un post omicidio”.