Cronaca nera

"Non ci sono prove". Il padre di Saman verso la scarcerazione

Potrebbe essere rilasciato su cauzione il padre di Saman Abbas, accusato di essere il mandante del suo omicidio: il 31 gennaio la giustizia pakistana potrebbe esprimersi

"Non ci sono prove". Il padre di Saman verso la scarcerazione

Si complicano sempre di più le premesse della giustizia italiana nel caso dell’omicidio di Saman Abbas: le speranze che la 18enne che si era opposta al matrimonio forzato ottenga giustizia si assottigliano ogni giorno. Il processo in Italia inizierà il 10 febbraio, ma non si sa ancora se tutte le parti in causa saranno presenti o sarà possibile giudicarle in Italia.

C’è stato infatti un nuovo rinvio, il nono, nell’udienza a Shabbar Abbas, padre di Saman, attualmente in attesa di giudizio a Islamabad. Il 31 dicembre il giudice pakistano si dovrà pronunciare su rilascio su cauzione o estradizione e valutare le istanze presentate dal difensore. L’ultima udienza si è svolta il 26 gennaio, alla presenza dello stesso Shabbar, il suo avvocato, il pubblico ministero e un funzionario dell’ambasciata italiana.

Shabbar è stato arrestato il 15 novembre 2022 dopo essere stato per circa un anno e mezzo una sorta di latitante alla luce del sole: benché ricercato, si era mostrato alla testa di una cerimonia religiosa a Charanwala, nel Punkab, paese natale degli Abbas. Dopo aver lasciato l’Italia immediatamente dopo la scomparsa di Saman la notte tra il 30 aprile e l’1 maggio 2021 con la moglie Nazia Shaheen, l’uomo era accusato in Italia di sequestro di persona, omicidio premeditato e occultamento di cadavere. Insieme a lui sono stati rinviati a giudizio Nazia, il fratello Danish Hasnain, che ha condotto gli inquirenti al corpo di Saman in un casolare abbandonato a 700 metri dalla casa degli Abbas a Novellara, e i cugini Ikram Ijaz e Noumanoulaq Noumanoulaq.

Secondo il suo legale pakistano, Akhtar Mehmood, gli atti emessi da altre corti o giurisdizioni dovrebbero essere prodotti in originale e non in copia, mentre il funzionario del ministero che ha chiesto l’estradizione in Italia ha confermato la correttezza della documentazione. Intanto l’ufficiale di collegamento si è messo a disposizione per eventuali integrazioni prodotte dalle autorità italiane dietro richiesta delle autorità pakistane.

In udienza Mehmood ha affermato: "Non sono prove affidabili e ammissibili”, riferendosi alla documentazione d’accusa approntata dagli inquirenti italiani e presentata dall’Agenzia investigativa federale del Pakistan. Intanto nei giorni scorsi l’avvocato aveva anche dichiarato all’Ansa che “non ci sono al momento prove che colleghino l'imputato con il crimine” e che “tutte le prove fornite dall'accusa sono basate su dicerie, che non hanno valore di fronte alla legge”. Le prove degli inquirenti si basano su intercettazioni e testimonianze, oltre che su riprese delle telecamere di videosorveglianza.

Intanto Shabbar ha rifiutato di avvalersi di un avvocato offerto dall’Italia. L’uomo non ha infatti firmato una documentazione in cui gli si proponeva un legale da utilizzare nel Belpaese, probabilmente in vista (e nella speranza) dell’estradizione. Non ha fornito spiegazioni.

Sale quindi la preoccupazione: non solo l’estradizione sembra più lontana, ma Shabbar potrebbe essere rilasciato su cauzione, mentre la moglie è ancora latitante e forse non sarà mai incriminata in Pakistan, per una ragione di carattere culturale.

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