I volti di Psyco

Il "mostro della Liguria" e la scia di sangue: "Sono un folle lucido"

Diciassette persone uccise in sei mesi, mai nessun segno di rimorso: la storia dell’uomo che ha terrorizzato la Liguria e il basso Piemonte

17 delitti in 6 mesi, nessun rimorso: la storia di Donato Bilancia
Tabella dei contenuti

Ladro, giocatore d’azzardo, serial killer. Donato Bilancia rientra senza ombra di dubbio nell’elenco dei serial killer più efferati della storia italiana, i suoi numeri sono impressionanti: 17 vittime – 9 uomini e 8 donne – in sei mesi, dall’ottobre 1997 all’aprile 1998. Panico e terrore in Liguria e nel basso Piemonte, il raggio d’azione della sua furia truculenta. Nessun rimorso, nessun sentimento: “Penso di essere un folle, ma un folle lucido”. Tutto è iniziato a causa di un tradimento, di una fiducia bruciata: una notte che ha cambiato tutto, tanto da estendere la sua vendetta al mondo intero.

L'infanzia traumatica

Donato Bilancia nasce a Potenza il 10 luglio 1951. Suo padre è un dipendente pubblico, un uomo molto autoritario, mentre la madre casalinga è una donna piuttosto remissiva. La famiglia gira per lo Stivale – da Asti al salernitano – per arrivare a Genova nel 1956, dove vanno a vivere nello stesso stabile della famiglia di Beppe Grillo. A scuola è un disastro, ma fuori è anche peggio tra maleducazione e atteggiamenti da bullo.

La sua adolescenza non è delle più semplici. Tanti problemi relazionali, molte le prese in giro: dalla sua struttura fisica al nome meridionale, le criticità sono diverse. Anche per questo decide di cambiare nome e di farsi chiamare Walter, una via per arginare sfottò e insulti. Ma anche tra le mura domestica la situazione non è rosea: Donato Bilancia viene costantemente denigrato e bullizzato dal padre.

Cresce da solo, senza affetto e senza amici. I primi problemi con la giustizia all’età di 15 anni, tra furti e rapine. È in carcere che diventa bravo con le serrature, è lì che viene “catechizzato” da un criminale esperto. Donato Bilancia inizia a capire come preparare i piani per i furti, messi in pratica una volta fuori dalla cella.

“Walterino”, le bische e i tradimenti

I soldi rubati o ricavati dalla vendita della merce trafugata servono per appianare debiti e per il gioco d’azzardo. Donato Bilancia inizia a farsi un nome nell’ambiente delle bische clandestine genovesi – è noto come “Walterino” – giocando somme elevate, vertiginose. Gioca a carte con commercianti e imprenditori di spicco e conduce una vita piuttosto agiata. Paga, vince, perde, paga.

Il gioco d’azzardo affianca le attività criminali, ma qualcosa va storto. Donato Bilancia lavora sempre con complici professionali, una mossa che si rivela sbagliata in occasione di un colpo in Francia. Il futuro “mostro della Liguria” viene tradito dal complice e catturato dalle forze dell’ordine. Condannato a quattro anni di carcere, ne sconta due. Fuori dalla galera si mette in proprio: mai più rapine in società, mai più fiducia nei confronti dell’altro.

Tornato alla sua vita di sempre, Donato Bilancia inizia a giocare somme sempre più pesanti: anche 40-50 milioni di lire per volta, anche solo per una tirata di dadi. Nel marzo del 1987 però un evento sconvolge la sua vita: il suicidio del fratello Michele, che porta via con sé anche il figlioletto. Un gesto estremo inaspettato, dettato dai problemi coniugali. “Walterino” è distrutto, la rabbia è indescrivibile. E addossa tutta la colpa alla cognata, fattore che influisce fortemente nel suo atteggiamento nei confronti delle donne, viste come delle “bagasce”.

Da gambler a killer

Prima dei delitti e del sangue tra Liguria e basso Piemonte, Donato Bilancia finisce a processo per violenza sessuale ai danni di una prostituta. Un episodio che conferma il disprezzo nei confronti delle donne. I particolari dell’episodio sono agghiaccianti: dopo l’abuso, l’uomo la picchia violentemente e la lascia per strada nel pieno della notte. La donna trattata come un essere inferiore di cui non avere rispetto.

La goccia che fa traboccare il vaso nella psiche di Donato Bilancia è l’ennesimo tradimento. “Walterino” inizia a perdere parecchi milioni di lire nella bisca gestita da Giorgio Centanaro e Maurizio Parenti, due persone considerate vicine. Bilancia, però, viene spennato con l’inganno: 400-500 milioni di rosso. Nessuna amicizia, lui è il pollo da spennare, lo zimbello da deridere.

La prima vittima è Giorgio Centanaro, ucciso il 16 ottobre 1997 a Genova. Dopo tre notti di appostamenti, Donato Bilancia entra in azione: lo blocca in casa, lo fa spogliare e lo soffoca a mani nude. Le forze dell’ordine però archiviano l’episodio come morte per cause naturali: il killer non ha lasciato alcuna traccia. Ma questo è solo l’inizio di una furia raggelante.

Otto giorni dopo, il 24 ottobre, è il turno di Maurizio Parenti, assassinato insieme alla moglie Carla Scotto. Rientrati dal viaggio di nozze da pochi giorni – Donato Bilancia aveva anche partecipato al regalo – i coniugi vengono freddati con un colpo di pistola alla testa. Il gambler inoltre sottrae 13 milioni e mezzo di lire in contanti e diversi orologi di valore.

Il 27 ottobre 1997 un nuovo duplice omicidio, sempre con lo stesso modus operandi. Assassinati i coniugi Bruno Solari e Maria Luigia Pitto. Un’azione criminale a scopo di rapina, terminata con la morte dei due titolari di un’oreficeria. Pochi giorni dopo, a Ventimiglia, a fare le spese della collera di Donato Bilancia è il cambiavalute Luciano Marro, a cui sottrae quasi 50 milioni di lire. E ancora il 25 gennaio 1998 il delitto del metronotte Giangiorgio Canu.

L'assassino delle prostitute

Omicidi simili ma trattati separatamente, anche se una perizia balistica dimostra la presenza di un’unica pistola dietro tre delitti. A febbraio tutto tace, ma a marzo la scia di sangue riprende con altri tre omicidi. Donato Bilancia fa un salto di qualità e inizia a vendicarsi del mondo femminile, punendo le prostitute attive in tutta la Liguria. Il 9 marzo 1998 uccide l’albanese Stela Truya a Varazze, il 18 marzo l’ucraina Ljudmyla Zubskova a Pietra Ligure. Entrambe con un colpo in testa.

Due giorni dopo, il 20 marzo, Donato Bilancia rapina e assassina il cambiavalute Enzo Gorni. Il 24 marzo commette un errore: si apparta con la prostituta transessuale Lorena a Novi Ligure, ma deve fare i conti con il passaggio di due metronotte. Questi ultimi, Massimiliano Gualillo e Candido Randò, vengono ammazzati barbaramente, mentre la sex worker sudamericana riesce a sopravvivere. Il 29 marzo è la volta di un’altra prostituta, la nigeriana Tessy Adodo. Questo delitto rappresenta una svolta nelle indagini, spingendo gli investigatori a riunire i casi in un unico filone. Ma l’attività criminale di Bilancia non si ferma.

Anche a causa del pressing degli inquirenti, il killer cambia modo di agire e tipologia delle vittime. Il 12 aprile, sul treno Intercity La Spezia-Venezia, uccide l’infermiera Elisabetta Zoppetti con un colpo di pistola alla testa nella toilette. Dopo l’omicidio della prostituta macedone Kristina Valle del 14 aprile, Bilancia torna a fare scorrere il sangue sui treni: il 18 aprile tramortisce Maria Angela Rubino, professione babysitter. E c’è di più: dopo il solito colpo d’arma da fuoco, si masturba sul suo cadavere.

Quest’ultimo sanguinoso avvenimento scatena il panico. Le donne sono in pericolo, l’invito è di non viaggiare da sole. Sui mezzi di trasporto – ormai scortati – vengono raddoppiati i controlli. Donato Bilancia non si ferma e il 20 aprile consuma quello che sarà il suo ultimo assassinio: ad Arma di Taggia, nell’area di servizio Conioli Sud, rapina e uccide il benzinaio Giuseppe Mileto, reo di aver rifiutato di fargli credito.

La cattura, la "nuova vita" e la morte

Le indagini vanno avanti senza sosta e gli investigatori riescono a individuare Donato Bilancia quasi per caso, attraverso l’auto comprata da un amico. Quest’ultimo, Pino Monello, si reca in procura per denunciare la mancata formalizzazione del passaggio di proprietà e per contestare una serie di contravvenzioni ricevute per il mancato pagamento di pedaggi autostradali. I carabinieri scoprono una corrispondenza perfetta con l’identikit della trans Lorena e soprattutto una corrispondenza con il Dna rinvenuto sul corpo di Maria Angela Rubino.

Il killer viene arrestato il 6 maggio 1998 all’uscita dell’ospedale San Martino di Genova. In caserma non dice niente, anzi ha un atteggiamento da sbruffone. Fuma e non parla. Dopo una settimana di silenzio, inizia a parlare e la sua confessione dura tre giorni. Gli investigatori hanno la certezza di 7, forse 8 omicidi. In realtà sono molti di più, sono 17.

Condannato a 13 ergastoli per i 17 omicidi e a 16 anni per il tentato omicidio di Lorena Castro, Donato Bilancia affronta parecchie difficoltà dietro le sbarre del Due Palazzi di Padova, dove viene minacciato e aggredito da altri detenuti, anche per questo l’isolamento passa da 3 a 11 anni. Terminata questa fase, il “mostro della Liguria” avverte la necessità di un cambiamento, vuole dare una svolta alla sua esistenza.

Riprende a studiare fino al diploma di ragioneria nel 2016, per poi proseguire con il corso di laurea di Progettazione e gestione del turismo culturale all’Università degli Studi di Padova. Lo studio e la preghiera lo aiutano, così come il teatro. E ancora, decide di aiutare economicamente un bambino senza famiglia e una mamma di tre bimbi disabili.

Nel dicembre del 2020 nel carcere padovano scoppia un focolaio di Covid-19. Donato Bilancia è costretto al ricovero presso il reparto di pneumologia dell’Azienda ospedaliera di Padova. Dopo essersi visto negare un permesso premio, decide di rifiutare le cure.

Muore il 17 dicembre 2020, aveva 69 anni.

Commenti