Scena del crimine

Il telefonista, Accetti e la Orlandi. "Mirella Gregori ingannata da chi conosceva"

Mirella Gregori, 15 anni, scomparve a Roma il 7 maggio 1983. La sorella Maria Antonietta: "Ci sono punti di contatto con la scomparsa di Emanuela Orlandi, ma i casi sono slegati". E sulla Commissione d'inchiesta: "È l'ultima spiaggia"

Mirella Gregori con Papa Karol Wojtyla. Photo Credits Mauro Valentini
Mirella Gregori con Papa Karol Wojtyla. Photo Credits Mauro Valentini

"Dieci minuti e torno", aveva detto Mirella Gregori alla madre Vittoria quando un tal 'Alessandro', spacciandosi per un ex compagno di classe, le citofonò chiedendole di scendere. Erano le 15.20 del 7 maggio 1983 quando la giovane, all'epoca 15 anni e mezzo, uscì dal portone di una vecchia palazzina al civico 91 di via Nomentana a Roma. Da quel giorno non è più tornata a casa. "Sono passati 41 anni, ma il tempo è come se si fosse fermato", dice alla nostra redazione Maria Antonietta Gregori, la sorella di Mirella.

Il 22 giugno dello stesso anno, a due passi dal Vaticano, svanì nel nulla un'altra 15enne: Emanuela Orlandi. Da allora, il cold case della Vatican girl e quello di Mirella hanno viaggiato sullo stesso binario, seppur aprendo scenari diversi. Da qui la decisione di istituire una Commissione bicamerale di inchiesta Orlandi-Gregori che tenterà di fare luce sulla misteriosa scomparsa delle due ragazzine. "Mi auguro che i due casi vengano trattati separatamente perché, sebbene vi siano dei punti di contatto, la scomparsa di Mirella è slegata da quella di Emanuela", precisa Maria Antonietta.

Signora Gregori, una settimana fa sono partiti i lavori della Commissione parlamentare di inchiesta. Quali sono le sue aspettative?

"Sono molto speranzosa e fiduciosa sul lavoro che farà la Commissione. Anche perché rappresenta l'ultima spiaggia per arrivare alla verità. Cerco Mirella da quarantuno anni, ora vorrei mettere la parola fine a questa attesa infinita e straziante".

Il 9 maggio è stata sentita dalla Commissione per le audizioni programmate assieme agli Orlandi. Cosa ha raccontato?

"Ho raccontato quanto so e chiesto che le indagini ripartano da zero. Anche perché la verità è che, all'epoca, le attività investigative furono approssimative. Intendo dire che c'erano circostanze da approfondire ma non fu fatto".

Di che tipo?

"Parlo di possibili testimoni e persone molto vicine a mia sorella che potrebbero aver visto o eventualmente essere a conoscenza di informazioni utili alle indagini. Basterebbe rileggere i verbali".

Sì riferisce a qualcuno in particolare?

"Penso all'amica di Mirella, Sonia, la figlia dei proprietari del bar sotto casa. Magari mia sorella potrebbe averle fatto qualche confidenza, erano sempre insieme e si sono viste anche il giorno della scomparsa. In ogni caso, credo non sia possibile che in pieno pomeriggio, a via Nomentana, una zona peraltro molto trafficata, nessuno abbia notato nulla o visto Mirella con qualcuno. Non era da sola e non si allontanò volontariamente da casa, come fu ipotizzato all’inizio".

Cosa glielo fa pensare?

"Che fu fatta scendere con l’inganno. Quel presunto ‘Alessandro’ citofonò a casa e lei uscì. Era tutto organizzato".

Dice?

"Il giorno prima, il 6 maggio, durante una festicciola per la ristrutturazione del bar gestito dai miei genitori, due uomini entrarono nel locale e tentarono di fotografare Mirella. Mia madre li allontanò spiegando loro che era una festa privata".

Ricorda com’erano?

"Erano due ragazzi alti, con la carnagione olivastra. Credo fossero stranieri".

Pensa che possano aver avuto a che fare con la scomparsa di sua sorella?

"Penso proprio di sì, non fu una casualità. Anche se di certezze non ne ho nessuna, posso fare solo delle ipotesi".

Il nome di Mirella è legato da sempre a quello di Emanuela Orlandi. Ritiene ci sia un collegamento tra le due scomparse?

"Degli spunti sicuramente ci sono. Come il misterioso ‘Amerikano’ che telefonò al bar dei miei genitori, alcuni mesi dopo la scomparsa di Mirella, chiedendo un intervento pubblico dell'allora presidente Sandro Pertini per la liberazione di Alì Agca in cambio di informazioni su mia sorella. La stessa persona, o così sembrerebbe, chiamò anche gli Orlandi formulando la medesima richiesta".

Al riguardo, una perizia fonica ha evidenziato che la voce del telefonista con accento anglofono sarebbe compatibile per l’86% con la voce di Marco Fassoni Accetti. Nel 2013, il fotografo si autoaccusò del rapimento di Emanuela e disse di avere informazioni su quello Mirella. Lei cosa ne pensa?

"Il signor Accetti ha detto tante cose, ma non ha mai fornito prove a sostegno delle sue dichiarazioni".

Accetti, ex indagato per il caso Orlandi e poi prosciolto, mise a verbale che Mirella salì a bordo della Bmw di Enrico De Pedis, che la attendeva a Porta Pia (uno stralcio del documento inedito è stato pubblicato in un articolo a firma del giornalista Fabrizio Peronaci sul Corriere della Sera). Ritiene plausibile l'ipotesi di un ipotetico coinvolgimento della banda della Magliana, nella persona del boss Renatino, nel rapimento di sua sorella?

"Non penso. Ripeto: finché Accetti non fornirà delle prove a suffragio delle sue affermazioni, non ritengo sia credibile".

Uno studio recente affidato dall'avvocato Valter Biscotti a due criminologi dell'istituto Neurointelligence ha appurato che tra il 1982 e il 1983 a Roma scomparvero 177 giovani ragazze. Il fenomeno potrebbe essere riconducibile alla cosiddetta "tratta delle bianche". Lei ha mai considerato questa ipotesi?

"È strano, quantomeno anomalo, che alcune ragazze siano scomparse nel raggio di pochi chilometri da via Nomentana nello stesso anno di Mirella. L’ipotesi relativa alla 'tratta delle bianche' è sicuramente valida, ma non escludo altre piste".

A parer suo, qual è la pista più plausibile?

"Non lo so. Sono solo sicura che Mirella non si sarebbe mai allontanata con uno sconosciuto. Era una ragazzina tranquilla, non avrebbe mai dato preoccupazioni ai miei genitori. Per questo sono convinta che fu ingannata da qualcuno che conosceva".

Sono passati quarantuno anni da quel 7 maggio. In cuor suo, cosa spera?

"A volte spero sia ancora viva e si sia rifatta una vita da qualche parte. Ma in cuor mio so che non è così. Sono una mamma e certe sensazioni sono istintive. Penso spesso a mia madre e quello che ha patito aspettando invano il ritorno di Mirella. Ed è anche per i miei genitori, entrambi scomparsi ormai, che vorrei sapere cosa è successo a mia sorella".

Se qualcuno dei rapitori di sua sorella fosse ancora vivo, cosa gli direbbe?

"Di mettersi una mano sulla coscienza.

Chiunque abbia informazioni, si faccia avanti. Può farlo anche in forma anonima, con una lettera o in altro modo. Non cerco colpevoli o complici, chiedo solo di sapere la verità. Chi sa qualcosa, parli. Non è mai troppo tardi".

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