Trovate ossa umane. "L’esame del Dna dirà se è Emanuela Orlandi"

Secondo la Minardi la 15enne era stata reclusa nel palazzo di fronte

Trovate ossa umane. "L’esame del Dna dirà se è Emanuela Orlandi"
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Caso Orlandi. Ossa umane, datate, trovate in un vecchio padiglione del San Camillo. Dunque a pochi passi dal luogo della prigionia di Emanuela Orlandi, per come la racconta Sabrina Minardi, all'epoca amante di Enrico De Pedis. Ovvero il boss della banda della Magliana che avrebbe gestito il rapimento, la detenzione e l'uccisione della figlia di un funzionario vaticano, sequestrata per ricattare la Santa Sede dopo l'attentato fallito al Papa.

I resti umani sono stati trovati durante i lavori di ristrutturazione del Padiglione Monaldi, un tempo reparto di patologia clinica neuromuscolare, attivo fino alla fine degli anni '80, parzialmente ristrutturato nel 1999 per poi dichiararlo definitivamente pericolante, lasciandolo in mano ai senza tetto. E se non era ancora abbandonato nel periodo della scomparsa di Emanuela, non è escluso che il corpo della ragazzina sia stato gettato nel vano ascensore nonostante il reparto fosse operativo. Una notizia che potrebbe chiudere per sempre il mistero decennale che ruota attorno alla scomparsa della 15enne cittadina vaticana. Ora i resti sono stati affidati dai carabinieri agli anatomopatologi forensi per esami e accertamenti clinici, a cominciare dal sesso e dall'età. «Aspettiamo la comparazione genetica con il Dna di Emanuela, in possesso della Procura - spiega a il Giornale Laura Sgrò, avvocato di Pietro Orlandi, fratello di Emanuela - Certo è un'ipotesi suggestiva, alla luce proprio della testimonianza della Minardi confermata in parte dalle indagini svolte dalla squadra mobile».

Secondo l'ex compagna di Renatino, dopo una serie di spostamenti, compreso un passaggio da una Mini con a bordo monsignor Paul Marcinkus, all'epoca a capo dello Ior, Emanuela sarebbe stata segregata in una cantina, un sotterraneo di una palazzina in via Pignatelli, all'angolo con Largo Ravizza, al Gianicolense. Praticamente di fronte all'ospedale San Camillo. Una base operativa della banda della Magliana in cui sono state trovate tracce di una lunga prigionia: catene fissate al muro, un gabinetto approntato alla meno peggio. Ma di Emanuela nulla. La Minardi mette poi a verbale, siamo nel 2008, che la ragazzina viene fatta fuori per ordini superiori. E gettata in una betoniera di Torvaianica, mai sequestrata, assieme al corpo del figlio di un pentito di mafia, Giuseppe Di Matteo.

Ma le date non coincidono: il dodicenne

viene ucciso dieci anni dopo, nel 1993, e la Minardi non viene creduta. Eppure i suoi ricordi sono precisi e circostanziati, almeno fino a quel punto. Che abbia confuso i fatti di Torvaianica con quelli del Gianicolense?

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