
Sono stati conferiti ieri gli incarichi relativi a nuovi esami di natura genetica, merceologica e dattiloscopica in relazione alle indagini sull’omicidio di Liliana Resinovich. Il pool composto dai professori Paolo Fattorini, Chiara Turchi ed Eva Sacchi comincerà a lavorare dall’8 settembre 2025 e avrà 120 giorni di tempo per consegnare la relazione. Quindi si arriverà al 2026, tanto che l’udienza per valutare i risultati raggiunti dagli esperti è già fissata al 30 marzo.
A dicembre di quest’anno saranno già 4 anni dalla scomparsa di Liliana Resinovich, avvenuta il 14 dicembre 2021. Tre settimane più tardi, il corpo della donna fu trovato in un boschetto nei pressi dell’ex ospedale psichiatrico di Trieste, avvolto in sacchi neri, con la testa coperta da sacchi per la spesa tenuti insieme da un cordino lasso.
Gli esami prenderanno in considerazione vecchi reperti (i sacchi neri alla ricerca di impronte, il cordino per eventuali tracce biologiche, le formazioni pilifere rinvenute nella perizia Cattaneo e presenti sugli abiti della donna) e nuovi reperti (le centinaia di lame sequestrate all’unico indagato, il marito Sebastiano Visintin, e un braccialetto tagliato da cui Resinovich non si separava mai).
La “battaglia” delle consulenze
Il caso Resinovich non rappresenta sicuramente un unicum - anche se ogni vicenda ha le proprie connotazioni - ma è un giallo che appare da sempre molto misterioso. Iniziato come un apparente caso di suicidio - queste le conclusioni della relazione medico-legale effettuata dal team del dottor Fulvio Costantinides, che per primo condusse l’autopsia sul corpo - secondo la procura ora l’ipotesi al vaglio è omicidio.
Per giungere a questo hanno avuto un grosso ruolo le consulenze di parte lesa, ovvero degli esperti chiamati a sostenere il fratello della donna Sergio Resinovich e la figlia di questi Veronica. Tra i consulenti, particolare rilevanza ha costituito il parere dell’entomologa Fabiola Giusti, che ha condotto uno studio sulle formiche del boschetto in cui Liliana Resinovich è stata ritrovata. Giusti è arrivata a ipotizzare che il corpo possa essere stato spostato in un secondo momento vicino alla data di ritrovamento, parere in contrasto - ma è il solo punto importante in tal senso - con la consulenza svolta dal team dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo, per cui dopo l’omicidio il corpo sarebbe rimasto per tre settimane nel boschetto.
La difesa di Visintin, rappresentata dagli avvocati Alice e Paolo Bevilacqua e dai consulenti Luciano Garofano (ex generale dei Ris), il medico legale Raffaele Barisani, oltre le new entry della primavera 2025 l’ingegnere informatico forense Michele Vitiello e la docente Noemi Procopio, sembra orientata verso l’ipotesi suricidiaria. Visintin però era tra uno dei tre soggetti - gli altri erano Sergio e Veronica Resinovich - a essersi opposti all’archiviazione per suicidio.
Le testimonianze
Ma non sono sono le consulenze a essere contrastanti tra loro, lo sono pure le testimonianze. Se da un lato Visintin ha raccontato che la moglie piangesse spesso la notte - addebitando la questione a un problema medico, forse osteoporosi - dall’altro la famiglia di origine della donna e gli amici non ci stanno: per loro Liliana non può essersi tolta la vita. A loro fa eco Claudio Sterpin, sedicente amante della donna, in procinto a suo dire ma supportato da indizi digitali, nei giorni della scomparsa, di avviare con lei una convivenza: nessuno era a conoscenza di questa presunta amicizia speciale, tuttavia hanno tutti creduto immediatamente a Sterpin, un ottuagenario maratoneta molto noto a Trieste, soprannominato in gioventù “l’etiope”, in un paragone con Abebe Bikila. Di certo Sterpin e Resinovich avevano avuto una relazione quando lei era ventenne.
Il processo mediatico e la polarizzazione
Il marito e l’amico speciale: le loro figure hanno generato un cortocircuito mediatico, provocando una polarizzazione all’interno dell’opinione pubblica. Sui social c’è chi vorrebbe vedere Visintin in carcere senza passare dal via, ma c’è anche chi pensa che sia un innocente accusato ingiustamente. Stesso discorso per Sterpin, a un tempo criticato ed elogiato da persone differenti. Ma in questo caso complesso, benché molte persone si siano identificate in uno o nell’altro dei protagonisti o dei comprimari, saranno i dati scientifici a parlare, a incrociarsi con le testimonianze, in modo che gli inquirenti valutino anche le eventuali attendibilità di chi parla. È però molto rassicurante - e in questo l’opinione pubblica è concorde - che si continui a indagare, che ci cerchi di capire cosa sia accaduto a Liliana Resinovich.
La ricerca del movente
Una delle cose che non si conoscono delle ipotesi degli inquirenti è il movente. La stampa in questi anni ha sostenuto che si tratti di un femminicidio, ma si è parlato anche di presunto movente economico, per via del “tesoretto” di 50mila euro che Resinovich aveva sul suo conto in banca, relativo al suo trattamento di fine rapporto ricevuto al momento del pensionamento in quanto impiegata alla Regione.
Il movente sarà la chiave per risolvere il giallo? Durante le prime indagini, gli inquirenti avevano ipotizzato che Resinovich si fosse tolta la vita perché stretta “in un imbuto emotivo” tra due uomini, il marito e l’amico speciale. Bisogna attendere per sapere a quali conclusioni si giungerà ora.