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Adesso la politica deve battere un colpo

Non toccherà a te, a ognuno di noi, il peso della scelta. Non adesso, perlomeno. Il referendum sull'eutanasia non ci sarà

Adesso la politica deve battere un colpo

Non toccherà a te, a ognuno di noi, il peso della scelta. Non adesso, perlomeno. Il referendum sull'eutanasia non ci sarà. La Corte Costituzionale ha detto che è inammissibile.

È omicidio o pietas? Ci sono territori dove il confine tra il giusto e l'ingiusto non è mai così netto. Beati coloro che hanno certezze granitiche. È lì comunque che ci stiamo inoltrando e ogni risposta ha a che fare con l'idea che si ha della vita e della morte, due facce della stessa moneta. Non c'è l'una senza l'altra. Non è roba da poco, perché è qui da sempre il senso di ogni domanda.

Non spetta allo Stato, alla legge, il giudizio finale, quello che può fare è disciplinare situazioni particolari e concrete. Si può aiutare qualcuno, arrivato al limite della sopportazione umana, a morire? L'obiettivo del referendum non era legalizzare l'eutanasia, ma depenalizzare quello che al momento resta un reato.

È chiaro però che la risposta a questa domanda, il sì o il no, aprirebbe spazi profondi che toccano la coscienza individuale e i valori fondamentali di una comunità. È per questo che anche le virgole hanno un peso. La Corte presieduta da Giuliano Amato assicura però che la bocciatura non ha a che fare con la punteggiatura. È più sostanziale e ha a che fare con ciò che resterebbe della legge nel caso avesse vinto il sì. Il testo del referendum, secondo la Consulta, lascia una larga traccia di ambiguità. La depenalizzazione non si sarebbe applicata solo al fine vita senza speranza, a casi come quello di Welby, ma c'era il rischio di legittimare l'assistenza al suicidio. «L'abrogazione della norma non avrebbe preservato la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e in particolare quella di persone deboli e vulnerabili».

La Corte si ferma qui. La domanda del referendum però resta. È qualcosa con cui bisogna fare i conti e a cui la politica, il Parlamento, finora non ha voluto dare una risposta. È la richiesta di chi non ce la fa più a sopportare un dolore senza fine e senza speranza e implora aiuto per farla finita. La strada finora è quella del sotterfugio, della morte clandestina, del viaggio nei luoghi dove si può. La politica come Ponzio Pilato se ne è lavata le mani, quasi sperando nella sentenza della folla. Non gli è stato concesso.

Questo è il primo dei referendum sottoposti a giudizio. Tutti nascono dal desiderio di risolvere una serie di questioni sentite come necessarie e urgenti. Non importa se indossano un vestito più o meno ideologico, perché comunque sono sul campo per l'incapacità della politica di dare una risposta.

È lo spazio bianco generato da una fuga di responsabilità. C'è da vedere se anche gli altri verranno rispediti all'indirizzo del Parlamento.

Il rischio è che a riceverli non troveranno nessuno.

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