Gli Alpini a Milano 100 anni di eroi

Da oggi a venerdì l'adunata in città. Attesi in 500mila

Gli Alpini a Milano 100 anni di eroi

Oggi sulla testata de Il Giornale campeggia un piccolo cappello alpino. Appoggiato un po' sghembo, alla maniera orgogliosamente trasandata in cui lo portano i «veci». Perché ci siamo messi il bantam, è così che si chiama quel cappello, anche noi? I motivi sono tanti e li illustriamo nel dettaglio in Cuore Alpino, l'allegato fotografico che sarà in edicola con il nostro quotidiano per la durata dell'Adunata, e nell'inserto staccabile, partito martedì, che proseguirà sino a domenica. Ma se dovessimo tentare una sintesi del perché il Corpo degli alpini è speciale potremmo partire da una frase del grande scrittore Eugenio Corti: «Non vogliamo idealizzarli, ma ci sembra di poter affermare che nell'attuale civiltà della materia e delle macchine, questa gente che senza forse rendersene conto si sosteneva soprattutto sullo spirito, costituiva una grande eccezione. Perfino quando gli capitava di essere sconfitti, essi in cuor loro (a motivo del dovere compiuto) non si sentivano propriamente tali; d'altra parte sconfiggerli era molto difficile». In un Paese in cui la virtù militare tende a essere poco amata, e spesso addirittura negletta, gli alpini hanno dimostrato, sin dal 1872, di averne da vendere, pur senza ostentarla mai. Dalla battaglia di Adua sino all'Afghanistan, gli alpini sono sempre stati lì, in prima linea. Cocciuti, resistenti, pazienti, determinati. Ma attenzione, la loro è una virtù militare non solo bellica. Il senso di questa milizia l'hanno sempre riportato nella vita civile. Lo sanno gli scampati alla tragedia del Vajont; lo sanno gli scampati al tremendo terremoto del Friuli del 1976; lo sa anche si è visto aiutare su una pista da sci o ha visto intervenire la Protezione civile dell'Ana, l'Associazione nazionale alpini, fondata cento anni fa proprio qui a Milano.

Questa è l'altra componente del mito degli alpini o, come direbbe un friulano, dei Fradis Alpins. C'è nell'alpinità una componente di fratellanza e di umanità accuratamente coltivata. Se durante questa novantaduesima adunata meneghina guardate bene sotto lo sgargiante folklore, sempre divertente, vedrete soprattutto questa. Gli alpini non lasciano indietro nessuno. Men che meno i morti. Gli alpini morti non sono indietro. Gli alpini, quelli vivi, dicono che i morti «sono andati avanti», aprono il cammino agli altri, gli rendono più sicuro il sentiero del cielo.

Insomma, il Corpo per molti è stato una scuola di vita, al suo interno sono riusciti a insegnare qualcosa persino a quel mulo dello scrivente, quasi una seconda famiglia. E in futuro lo sarà per altri. Quindi,grazie Alpini! Il Giornale è orgoglioso di mettersi il vostro cappello, anche solo per tre giorni.

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