
Era fatale che finisse a porte in faccia, e probabilmente la tensione sul fronte Unicredit-Bpm non ha ancora raggiunto il punto più alto, vista la portata degli interessi in campo. Lo scontro frontale tra il presidente della Commissione Finanze della Camera, Marco Osnato, e il presidente della Consob Paolo Savona - che alle critiche del deputato di FdI ieri ha provocatoriamente risposto «se non sono più gradito sono sempre pronto ad andarmene» - di là delle motivazioni che ne sono alla base, dà la misura della deriva imboccata dal violento riposizionamento in corso all'interno del sistema bancario nazionale.
Premesso che, per quanto a nostra conoscenza, dubitiamo fortemente che Savona - gradito o non gradito che sia - abbia davvero intenzione di lasciare anzitempo la poltrona di presidente della Consob, la decisione di accordare un mese in più al perfezionamento dell'Ops di Unicredit su Bpm, nel mentre l'operazione è in pieno svolgimento, se non abnorme è sicuramente anomala. E persino unica nella sua specificità, tale da far dubitare che sia nei poteri della Commissione produrre un intervento del genere.
Il fatto che vi sia qualche dubbio sulla proporzione di alcune delle prescrizioni imposte all'istituto guidato da Andrea Orcel in virtù del Golden Power, non giustifica una decisione che nei fatti favorisce una parte (Unicredit) a discapito dell'altra (Bpm), che aggiunge incertezza all'incertezza - l'esatto contrario dell'obiettivo che la Consob ha dichiarato di voler conseguire - e pone l'arbitro in una posizione di critica rispetto a un decreto legge adottato dal governo nella pienezza delle sue convinzioni. Un fatto che avrà conseguenze, soprattutto perché contribuisce ad esacerbare i rapporti già tesi (non solo per fatti recenti) tra il ministero dell'Economia e l'attuale vertice di Unicredit. Se mai da parte del ministero c'è stata una volontà, anche minima, di mitigare quelle prescrizioni, ora la decisione della Consob e il ricorso al Tar contro il decreto del governo che Orcel si prepara a depositare, rendono assai difficile che si possa dirimere la questione attorno a un tavolo.
Per questo è indispensabile che il governo decida rapidamente sulla richiesta di autotutela presentata dall'istituto milanese: solo in questo modo verrà superata la condizione d'incertezza che la Commissione dichiara essere alla base della decisione.
Resta la perplessità sulla modalità con la quale la delibera è stata approvata: contro si sono dichiarati i commissari Gabriella Alemanno e Federico Cornelli, a favore invece hanno votato Maria Chiara Mosca e Carlo Comporti. A completare l'opera il voto favorevole di Savona espresso alla fine della riunione. Secondo indiscrezioni, a pesare sul dibattito sarebbero state soprattutto le argomentazioni della bocconiana Mosca, nominata su indicazione del sottosegretario Francesco Giavazzi al tempo del governo Draghi. Una figura dunque vicina al mondo finanziario milanese che ruota attorno a Mediobanca e all'establishment progressista.
È perciò curiosa la saldatura con Savona, finito a guidare la Consob su indicazione dell'allora premier Giuseppe Conte e da Matteo Salvini dopo che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ne avevano respinto la nomina a ministro dell'Economia come non adatto a coprire quel ruolo.
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