Auguri Colao, ma ricordi il "Corriere"

l governo si è auto-commissariato chiamando al capezzale dell'Italia un bravo medico, il manager di lungo corso Vittorio Colao

Auguri Colao, ma ricordi il "Corriere"

Il governo si è auto-commissariato chiamando al capezzale dell'Italia un bravo medico, il manager di lungo corso Vittorio Colao, che insieme a una squadra di esperti super titolati proverà a fare ripartire il Paese. Auguri sinceri a Colao, ma gli consiglierei di non farsi soverchie illusioni. La politica è una brutta bestia e la burocrazia statale una palude, per credere chiedere a grandi imprenditori ed esperti di successo, che si sono cimentati nella pratica, da Silvio Berlusconi a Carlo Cottarelli. Il primo ha resistito eroicamente per vent'anni e l'ha pagata cara, il secondo - che avrebbe dovuto risolvere il problema del debito pubblico e ne sono certo ne aveva le capacità - ha gettato la spugna un attimo prima di essere massacrato. Non sono nessuno per dare un consiglio a Colao, uno che è uscito a pieni voti prima dalla Bocconi e poi da Harvard, che ha scalato posizioni dentro giganti della finanza tipo Morgan Stanley e McKinsey e che ha diretto il traffico di Vodafone in Europa. Ma se mi è permesso, Colao dimentichi questi titoli e si concentri sull'unico neo della sua brillante carriera. Per carità, un piccolo neo quale è stata la sua breve e non entusiasmante esperienza al Corriere della Sera, meno di due anni, dal 2004 al 2006.

Il Corriere di allora lo si può tranquillamente paragonare alla politica: una piovra che ti avvolge e ti stritola.

Ci sono i giornalisti che pensano di essere degli dei intoccabili, i manager che da decenni fanno le stesse cose sbagliate e non sanno fare altro, i sindacati che spadroneggiano, i privilegi intoccabili, le posizioni di rendita, le serpi in seno e i veleni sparsi a piene mani. Un mix che costrinse alla resa anche Colao, arrivato in via Solferino con le migliori intenzioni (e capacità).

Lei è una persona troppo a modo per certi ambienti. Glielo dico, egregio dottor Colao, perché in quegli anni avevo frequentato il Corriere e oggi, mio malgrado, frequento la politica: la aspetta una cosa uguale nelle dinamiche ma moltiplicata per mille negli effetti. Lei rischia davvero, da ieri sta sulle palle a tre quarti della politica e al 90% dei grandi burocrati che hanno le leve del comando, senza contare che i giornalisti la aspettano al varco con il pugnale in mano. Dimentichi Harvard e tenga in considerazione la massima di Rino Formica: «La politica è sangue e merda».

Quindi, oltre a illustri cattedratici - altro consiglio non richiesto - si metta in squadra un paio di picchiatori e figli di buona donna in grado di farle da guardaspalle, altrimenti non ne uscirà vivo.

Comunque, dottor Colao, auguri di buona Pasqua e soprattutto di buon dopo Pasqua (e auguri a tutti voi, cari lettori).

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