Cronache

Allarme mascherine: l'80% non protegge dal virus

Le mascherine promosse dal Governo per la fase non passano i test di conformità: "Sono inefficienti", spiega un esperto in filtrazioni

Allarme mascherine: l'80% non protegge dal virus

Il 'piano mascherine' messo a punto dal Governo in previsione della fase 2 fa acqua da tutte le parti. Ben 8 dispositivi di protezione individuale su 10 non proteggono dal virus: "sono da buttare", scrive oggi Patrizia Floder Reitter su La Verità.

Che le mascherine promosse dal commissario per l'emergenza sanitaria Domenico Arcuri avessero un costo insostenibile - 50 centesimi cada una - lo si sapeva già, ma che fossero addirittura inefficaci nessuno lo avrebbe mai giurato. Eppure, le dichiarazioni rilasciate a La Repubblica da Paolo Tronville, docente di ingegneria industriale che con altri 17 esperti è al lavoro nella task force istituita per certificare la conformità tecnica dei presidi di protezione individuale, lasciano pochi dubbi al riguardo: "sono inaffidabili", afferma senza mezzi termini.

Il professore, esperto di filtrazioni, si occupa proprio di valutare mascherine e camici assieme a scienziati dei materiali, esperti di microbiologia, di ingegneria chimica e di medicina del lavoro delle università di Torino, del Piemonte Orientale e di Bologna. Un laboratorio apposito, all' interno del Policlinico, effettua analisi su mascherine chirurgiche e dispositivi filtranti Ffp2 e Ffp3. "E in queste settimane è stato boom di richieste - spiega La Repubblica - Soprattutto da parte delle aziende del territorio che si sono organizzate per mantenere viva la produzione, convertendola in mascherine, ma che, prima di metterle sul mercato, hanno chiesto di eseguire questi test".

In previsione del lungo 'periodo di convivenza col virus' è stato messo da conto un incremento massiccio della disponibilità di presidi sanitari individuali che, stanno alle misure contenute nel Dpcm 26 aprile, saranno obbligatori per contenere la diffussione del Covid-19 tra la popolazione. "Ne serviranno 12 milioni", ha annunciato qualche giorno fa il commissario Arcuri nel corso della conferenza stampa dalla sede centrale della Protezione Civile. Per soddisfare l'enorme richiesta, sono stati istituiti diversi bandi regionali 'agevolati' così da consentire alla aziende di convertire i propri impianti in favore della produzione crescente di mascherine. Ma prima di poter essere messe in vendita con apposita certificazione, i dispositivi dovranno superare i test di conformità normativa. E, al momento, quelli fabbricati a regola d'arte si conterebbero in punta di dita.

I test eseguiti dal Politecnico di Torino sono a dir poco disastrosi. "Molto presto quelle stesse inaffidabili mascherine potrebbero arrivarci gratuitamente proprio attraverso il servizio sanitario. A meno che non si trovi un modo per introdurre un nuovo metodo di prova che ci aiuti a distinguere una banale rete da pesca da un dispositivo di sicurezza efficiente", spiega il professor Tronville. Che il prezzo di vendita imposto dal Governo fosse incompatibile con il costo dei materiali utili alla produzione di presidi chirurgici ad hoc era prevedibile, meno che i cittadini rischiassero di ritrovarsi con uno straccio per la polvere sul volto.

"Abbiamo avviato un dialogo con l' Uni, l' ente di normazione italiano, per elaborare un metodo di prova riconosciuto, utile a concedere un marchio di qualità ai prodotti che raggiungono buoni livelli di efficienza. - continua Tronville - Potrebbe essere utile anche alle aziende che vogliono indicazioni per realizzare prodotti di qualità". L'80% delle mascherine controllate dal suo team sono inutilizzabili e inutili. Una doccia fredda per gli imprenditori italiani che hanno riconvertito gli impianti per produrre questi dispositivi senza direttive precise. La politica "finora animata dall' urgenza di rispondere al bisogno di mascherine dei cittadini, ha dato carta bianca alle aziende sulle caratteristiche, aprendo di fatto anche a prodotti privi dei requisiti minimi per avviare il percorso di certificazione - continua il professore - Anche in Piemonte arriveranno a maggio, attraverso il servizio sanitario, mascherine selezionate attraverso una procedura d' evidenza pubblica che però non richiedeva caratteristiche tecniche filtranti. Non saranno, insomma, neppure equivalenti a quelle più semplici, ma certificate e cioè quelle chirurgiche".

Insomma, pare proprio che le tanto decantate mascherine da 50 centesimi servano a poco o nulla.

Commenti