Caporale accoltellato a Manfredonia: in manette un 33enne ghanese

Dopo tre mesi dalla violenza, il responsabile è finito in carcere con l'accusa di tentato omicidio

Caporale accoltellato a Manfredonia: in manette un 33enne ghanese

È terminata la latitanza per un cittadino di nazionalità ghanese resosi responsabile dell'accoltellamento del suo caporale. In seguito a complesse e articolate indagini, coordinate e dirette dalla Procura della Repubblica di Foggia, i carabinieri hanno tratto in arresto il giovane (classe 1987). Lo straniero, rintracciato nelle campagne della Capitanata, in località Borgo Incoronata, è stato così associato al carcere del capoluogo dauno con l'accusa di tentato omicidio nei confronti di un suo connazionale. L'increscioso episodio risale alla sera dello scorso 23 novembre quando, presso il Cara di Borgo Mezzanone (noto alle cronache come 'ghetto dei migranti'), si presentò il caporale gravemente ferito. Gli era stata sferrata, infatti, alle spalle una coltellata da un altro cittadino extracomunitario.

Da subito le condizioni dell'uomo erano apparse gravi. Dopo essere stato assistito per le prime cure nell'infermeria del centro di accoglienza, fu successivamente trasportato in ambulanza agli Ospedali Riuniti di Foggia. Seguì immediatamente il ricovero in prognosi riservata (triage di accettazione rosso-molto critico) nel reparto di rianimazione, in coma farmacologico. La riserva venne sciolta solo la mattina del 26 novembre, con prognosi presuntiva di 30 giorni, e il caporale fu trasferito nel reparto di chirurgia toracica dello stesso nosocomio.

Nonostante la poca lucidità, il ferito che da poco era uscito dal coma, cercò di interagire con i militari. Dapprima in modo estremamente confuso, poi con sempre più precisione riuscì a fornire alcune indicazioni circa i fatti accaduti. Dalle prime attività investigative emerse che la sera dell'accoltellamento i due connazionali ghanesi, che si conoscevano bene, avevano discusso per motivi lavorativi, essendo entrambi braccianti agricoli. In particolare si tratteggiò il profilo della vittima, un vero e proprio caporale che tempo addietro aveva reclutato il suo aggressore come manodopera in alcuni campi adiacenti allo stesso Cara.

Causa, dunque, del gesto violento la triste condizione di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro conosciuta come caporalato. Grazie alle indagini si carpirono poi altri aspetti significativi. I due ghanesi, richiedenti asilo, si trovavano sul territorio nazionale ed entrambi erano irregolari, poiché non era stato riconosciuto loro lo status di rifugiati. Gli elementi di prova raccolti dai carabinieri hanno così formato un quadro indiziario grave e univoco. Pende, infatti, sul 33enne l'accusa di tentato omicidio. Ma non è tutto.

A suo carico è altresì emerso il concreto pericolo di reiterazione del reato. Il caporale infatti, una volta dimesso dall'ospedale, venne nuovamente avvicinato dall'aggressore che lo minacciò asserendo, tra l'altro, di non aver paura delle forze dell'ordine.

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