Dopo buonisti, maggioranza giallorossa (presidente del Consiglio compreso) e Beppe Sala, ora Toni Capuozzo ha qualcosa da rimproverare anche a Sergio Mattarella. Già, perché il giornalista critica aspramente la scelta del capo dello Stato nelle scorsi giorni di fare visita a una scuola, entrando in una classe con bambini cinesi, in seguito alla proposta di Lombardia e Veneto – avanzata dai governatori Attilio Fontana e Luca Zaia – di mettere in quarantena gli studenti rientrato dal Paese del Dragone.
Intervistato da Libero, l’ex inviato di guerra attacca così l’inquilino del Quirinale: "Il gesto del presidente della Repubblica ha legittimato tutti quanti ad abbassare la guardia, a non comportarsi con la dovuta cautela. Quella sua visita è stato un gesto simbolico e anche una guida per l'azione, non avrebbe portato i fotografi con sé altrimenti". E in riferimento al contagiato 38enne di Codogno, lo scrittore puntualizza: "Così se un collega rientrato dalla Cina mi invita a una cena, io mi sento rassicurato dal comportamento del mio presidente e penso: se non si preoccupa lui, del fatto che qualcuno di quei bambini poteva essere appena tornato dal capodanno cinese, perché dovrei preoccuparmi io?". Chiaro, no?
Il blogger mette nel mirino il buonismo e l'"antirazzismo spicciolo" commentando un’iniziativa di solidarietà alla comunità cinese tenutasi a Milano la scorsa settimana: "C’è stata perfino una ‘notte delle bacchette’ per testimoniare vicinanza ai ristoratori cinesi. In un Paese che se ne fotte dei piccoli locali che chiudono, se ne fotte di calzolai e artigiani che spariscono, per dimostrare di avere un cuore sensibile eri tenuto a mangiare nei ristoranti cinesi, che peraltro non mi sembrano un pezzo essenziale della nostra storia". E affonda il colpo: "Anche questo, sotto la maschera dell'antirazzismo, è stato un invito a tenere la guardia abbassata: un atto di grande leggerezza, e la colpa non è solo del governo ma anche di una certa cultura". Dunque, prosegue: "Siamo al punto che devo per forza abbracciare un cinese per dimostrare che non sono razzista: un'esibizione di bontà che rischia di rovesciarsi nel suo contrario".
La chiacchierata con Alessandro Giorgiutti, infine, termina con una considerazione sulle tante e popolose Chinatown d’Italia: "Io in questi giorni non sono andato a Chinatown né nei ristoranti cinesi. Ho pensato: perché devo andare a cercarmela? Ma questo non significa nutrire sentimenti negativi verso un popolo, avrei evitato allo stesso modo il ristorante di un americano appena rientrato da Pechino. È una semplice precauzione, non razzismo.
Invece qui, per non sembrare razzisti, siamo arrivati all' assurdo di aver messo in quarantena poche decine di italiani che rientravano dalla Cina mentre centinaia se non migliaia di cinesi di ritorno dal capodanno rientravano indisturbati".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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