"Problematicità individuali...": ecco cosa c'è dietro l'ondata di violenze

Dal caso Pantaleo all'episodio di Bergamo, passando per lo stato delle carceri italiane: la dottoressa Flaminia Bolzan analizza il momento italiano

"Problematicità individuali...": ecco cosa c'è dietro l'ondata di violenze

Non è semplice spiegare quale siano le correlazioni tra l'emersione di certa violenza e la pandemia in corso ma, la dottoressa Flaminia Bolzan Mariotti Posocco ritiene che la "slatentizzazione di alcune problematicità individuali" possa essere citata. Poi, certo, ogni caso è a sé. La nota criminologa, che è anche psicologa, è stata consulente tecnico di numerosi episodi di cronaca nera che sono balzati alle cronache nazionali. Più in generale, la Bolzan è conosciuta pure per essere spesso ospite televisiva. Quando ha conseguito il Dottorato di Ricerca all'Università "Foro Italico", la criminologa si è voluta soffermare sul rapporto tra "sport e carcere", ponendo accenti sulla "rappresentazione sociale che si ha dell’attività motoria in ambito detentivo". Oggi, che si fa un gran parlare di riforma della Giustizia, torna in auge pure il tema dello stato dell'arte delle carceri italiane. Abbiamo voluto intervistarla per conoscere il suo pensiero, partendo dai casi di stretta attualità.

Dottoressa Bolzan, il caso Pantaleo tiene ancora banco. Quali ipotesi in campo?

"Al momento non è ancora possibile escludere in maniera tassativa alcuna pista relativamente alla ricostruzione dell’accaduto, tuttavia la Procura di Pisa si sta muovendo nell’indagine portando avanti formalmente l’ipotesi dell’istigazione al suicidio".

L'autopsia dovrebbe aver escluso segni di violenza da parte di terzi...

"All’esito dell’esame autoptico, i consulenti hanno escluso la presenza di lesività da arma da fuoco e non è stata rinvenuta mediante analisi tomografica la presenza di metalli nel corpo. Sembrerebbe non siano presenti neppure ferite da taglio, tuttavia una valutazione indispensabile a mio avviso per stabilire almeno con margine di probabilitá la misura in cui il ragazzo possa aver agito in senso anticonservativo potrebbe essere effettuata attraverso l’espletamento di un’autopsia psicologica volta a chiarire lo stato psichico in cui Francesco si trovava nei giorni antecedenti il suo allontanamento".

Questa fase pandemica ha influito sulle statistiche legate alle violenze? Se sì, come?

"La fase pandemica ha inciso su varie dimensioni psicologiche, ha condotto alla slatentizzazione di alcune problematicità individuali e certamente ha avuto dei risvolti anche in termini relazionali in vari contesti. É difficile attribuire causalmente e in via diretta l’incremento della violenza al Covid, perché una valutazione di questo tipo richiederebbe un’analisi ben più di articolata di quella che è possibile fare in questa sede, ma certo, mi viene in mente quello che è accaduto proprio in queste ore e faccio riferimento all’episodio di Bergamo".

Anche quella circostanza sembrerebbe un episodio di violenza gratuita...

"Più che di violenza gratuita parlerei di incapacità di gestire adeguatamente la frustrazione, avendo una reazione coerente e proporzionata alle circostanze. Tra l’altro, nel caso specifico, mi sembra ci fosse un’intenzionalità più che una mera reattività, ma questo ovviamente sarà da accertare in ambito processuale. Quello che mi tocca profondamente è il dolore per la famiglia di Tayari Marouan a cui vorrei esprimere tutta la mia vicinanza".

Lei si è occupata del caso Varani. Al netto del caso in sé, Marco Prato si è suicidato in carcere. Lei ha definito inaccettabili le morti in carcere. Qual è lo stato della detenzione in Italia?

"Le definisco inaccettabili perché, per quanto sia effettivamente complessa la prevenzione dei gesti anticonservativi, ritengo che lo Stato debba farsi garante della cura, a 360 gradi, per tutti. Specie per i soggetti più deboli, per gli ultimi. E spesso i detenuti sono dimenticati, ma ció non dovrebbe accadere perché la funzione della pena ha uno scopo preciso e questo consiste nella rieducazione, non nel diniego delle problematiche dei reclusi".

Si fa un gran parlare di riforma della Giustizia e del rinnovato clima garantista. Lei cosa ne pensa?

"Anzitutto ho una grande stima per il lavoro e per la persona della professoressa Cartabia: credo che questa premessa dica già molto in ordine al mio pensiero. In seconda battuta, nonostante possa essere considerata una posizione impopolare, vorrei che si potesse oltrepassare il dualismo tra un giustizialismo estremo e la considerazione del garantismo come un’anti-eticità. Il diritto è tale, così come la giustizia, e su una buona amministrazione di questa, portata avanti da persone competenti, dovrebbe fondarsi la società".

Della carcerazione preventiva cosa pensa?

"Che in concreto dovrebbe essere applicata, come di fatto accade, solo laddove sussistano effettive ed estreme esigenze di cautela nei confronti dei soggetti indagati, ma mi rendo conto che in alcuni casi tale misura grandemente afflittiva viene applicata anche per motivazioni che prescindono dalla reale esigenza e che magari attengono l’indisponibilitá di concedere misure alternative.

Il ministro Cartabia ha sottolineato che punire non risolve tutti i problemi...

"Sono d’accordo e ritengo che tale affermazione scaturisca dall’individuazione della funzione della pena non come mera retribuzione, ma nella moderna prospettiva di rieducazione e risocializzazione.

Non esiste una ricetta preconfezionata, ma esiste la possibilità di sviluppare un dibattito, pacato e proficuo, per la risoluzione dei problemi e per la prevenzione e mi auguro che questo sia sempre aperto sul piano istituzionale e ancor di più per ció che attiene la società civile".

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