Cultura e Spettacoli

"Chiamarsi per nome non è offensivo, anzi..."

Il professor Enzo Caffarelli, esperto di onomastica (la scienza che studia i nomi), ieri mattina non credeva ai propri occhi

"Chiamarsi per nome non è offensivo, anzi..."

Il professor Enzo Caffarelli, esperto di onomastica (la scienza che studia i nomi), ieri mattina non credeva ai propri occhi: «Ho visto sul web il faccia a faccia De Gregorio-Sallusti. La reazione della De Gregorio è incomprensibile. Non capisco come una persona possa offendersi perché è stata chiamata per nome, attestato di cordialità e vicinanza; ricorrere al cognome denota invece distacco e freddezza». Eppure, due sere fa, la professoressa De Gregorio Concita ha fatto una piazzata nel bel mezzo della trasmissione DiMartedì su La7 condotta da Giovanni Floris. L'apprezzata opinionista de La Repubblica (ex direttora de L'Unità, casualmente fallita sotto la sua gestione), a un certo punto, si è indignata di brutto. Il direttore del Giornale, in collegamento da Milano, si era infatti permesso di rivolgersi a lei chiamandola Concita che, invece di apprezzare, lo ha duramente redarguito come una maestrina dalla penna (ovviamente) rossa: «Sallusti, ma perché chiami gli altri per cognome e solo me per nome?». Gelo in studio. Tutti a pensare: «Ma lo ha chiesto davvero?». Eccome, se lo ha chiesto. Sallusti ha allargato le braccia in segno di sconforto. Del resto l'accusa era di quelle che lasciano cicatrici indelebili: chiamare Concita una che si chiama Concita è, notoriamente, cosa cattiva e ingiusta. Da parte sua Sallusti - reo di qualcosa di talmente grave da risultare indefinibile - ha tentato di «discolparsi»: «Quando ci vediamo di persona ci salutiamo con grande affetto, dandoci del tu e scherzando. Ora ti fa schifo.

Non vuoi mischiarti con gli ignoranti». Del resto, come non capire la professoressa Concita: una cosa è dare confidenza a Sallusti in privato; ben altra è sentirsi chiamare per nome in pubblico dallo stesso Sallusti. Per la «Madame Bovary del ceto medio riflessivo e regina dolente della correttezza politica» (copyright, Aldo Grasso) è roba da fare saltare anni di onorato progressismo.

A proposito, la signora Bovary di nome faceva Emma.

Ma guai a chiamarla per nome.

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