Coronavirus

Virus, ministero allertato a gennaio. Ma perché non ha fatto nulla?

I rischi erano stati messi nero su bianco a gennaio, un paio di mesi prima che il coronavirus mettesse in ginocchio l'Italia. La sottovalutazione dell'esecutivo

Virus, ministero allertato a gennaio. Ma perché non ha fatto nulla?

L'emergenza sanitaria provocata dal nuovo coronavirus ha messo in ginocchio l'Italia. Eppure, questa emergenza, avrebbe potuto essere gestita meglio - o per lo meno contenuta - se solo il governo non avesse perso tempo prezioso.

Il Fatto Quotidiano ricostruisce quanto avvenuto esattamente a due mesi e 21 giorni fa, quando l'esecutivo era già in grado di immaginare vagamente il pericolo che avrebbe potuto correre il Paese da lì a poche settimane. Anzi: ai primi di febbraio c'era la certezza che il misterioso virus proveniente dalla Cina avrebbe mandato al collasso le terapie intensive dell'intero stivale.

Riavvolgiamo il nastro e torniamo a gennaio, alla vigilia di Befana. In quei giorni gli italiani ascoltano con apprensione quanto sta accadendo in Cina, a Wuhan, a 10mila chilometri di distanza. In un primo momento le notizie non sono così drammatiche ma in breve la situazione precipita. Le iniziali decine di casi di polmonite grave diventano centinaia e, per la prima volta, si parla di Covid-19. L'Oms cerca di capire cosa sta accadendo, recupera i dati e li gira ai governi di tutto il mondo, Italia compresa.

Proprio il 5 gennaio il ministero della Salute invia ai vari enti, compreso l'Istituto superiore di sanità, l'ospedale Spallanzani di Roma e il Sacco di Milano, una nota di tre pagine intitolata "Polmonite da eziologia sconosciuta". Dal dicastero spiegano, in breve, la vicenda cinese: dalla chiusura del mercato ittico di Wuhan ai sintomi precisi per riconoscere il contagio scatenato dal virus.

La sottovalutazione del rischio

Nel documento si spiega nel dettaglio che “i segni e i sintomi clinici consistono principalmente in febbre, difficoltà respiratorie, mentre le radiografie al torace mostrano lesioni invasive in entrambi i polmoni”. Passano i giorni e la situazione in Cina precipita, fino al lockdown di Wuhan e della provincia dello Hubei.

Insomma, tutto era già stato messo nero su bianco a gennaio, cioè un paio di mesi prima dell'avvento dell'inferno che avrebbe stravolto l'Italia. Il Fatto Quotidiano sottolinea inoltre come i vertici sanitari non abbiano trasmesso le sintomatologie del virus ai medici di base operativi sul territorio; solo dopo il 21 febbraio, cioè quando compare il famigerato paziente 1, si è tornato a parlare di misteriose polmoniti avvenute a cavallo tra dicembre e gennaio. Iniziano quindi le prime riunioni ma il nuovo coronavirus viene ancora considerato un rischio lontano.

Alla fine di gennaio la Germania segnala quattro casi di Covid-19. L'Italia, guardando solo alla Cina, chiude i voli con il gigante asiatico e il governo annuncia di essere “pronto”. Il problema è che il virus, nel frattempo, già circolava indisturbato nel Paese, proveniente dalla Baviera. In tutto questo l'esecutivo non invia linee chiare ai medici né si occupa di preparare gli ospedali.

I giorni passano e, complice un'eccessiva sottovalutazione, il Covid-19 fa terra bruciata.

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