Coronavirus

Coronavirus: "Vicino di casa del "paziente uno" ha febbre ma non gli è stato fatto tampone"

L’uomo ha raccontato a "Le Iene" di aver chiesto più volte alle autorità sanitarie, senza successo, di potersi sottoporre al test per il coronavirus

Coronavirus: "Vicino di casa del "paziente uno" ha febbre ma non gli è stato fatto tampone"

La denuncia è pesante quanto sorprendente, soprattutto se si tiene conto delle eccezionali misure di sicurezza messe in atto dalle autorità italiane per evitare la diffusione del coronavirus, ma la fonte dovrebbe essere certa. Il vicino di casa del 38enne di Codogno, il cosiddetto "paziente uno", ha la febbre ma nessuno lo sta prendendo in considerazione da giorni.

È lui stesso a raccontare la sua incredibile situazione agli inviati de Le Iene Antonino Monteleone e Marco Occhipinti. "Ho chiamato più volte i numeri dell’emergenza ma nessuno ancora è venuto a farmi il tampone", ha affermato l’uomo, ovviamente spaventato per quanto gli sta capitando. Gabriele, questo il nome del possibile contagiato, è uno delle decine di migliaia di persone bloccate in quarantena nella zona del Lodigiano focolaio dell'epidemia di coronavirus che fino a questo momento registra quasi il 90% di vittime e contagiati. L’area da domenica pomeriggio è isolata da un cordone di esercito e polizia: chi entra non esce più, se non dopo 14 giorni.

Gabriele qualche giorno fa aveva chiamato una radio per raccontare la sua situazione: "Sono in auto-quarantena. Abito nello stesso condominio del 38enne Mattia, da cui è partito il coronavirus. È una settimana che ho febbre e tosse ma non riesco a farmi fare il test". Monteleone lo ha chiamato a distanza di qualche giorno per verificare se sia riuscito a farsi fare il tampone. "Da quando ho saputo dell’esplosione del virus proprio nel mio paese e addirittura proprio nel mio palazzo perché i primi due infettati sono i miei vicini di casa- ha continuato- immediatamente ho chiamato il mio medico curante".

Secondo il suo racconto, il medico lo ha indirizzato al 112 perché si è rifiutato sia di riceverlo nel suo studio che di effettuare una visita nella sua abitazione. "E così ho contattato il 112, più di una volta, ho cominciato a contattarlo nel pomeriggio. L’operatore mi ha chiesto più volte il motivo della chiamata, e gli spiegavo che effettivamente sono residente nello stesso luogo dov’è partito il virus".

Gabriele abita con sua moglie e il figlio nella stessa scala dello stabile dove vive il "paziente uno". L'uomo ha proseguito il suo racconto affermando di aver iniziato a chiamare nel pomeriggio ricevendo risposta dal 112 dopo 3 o 4 telefonate nella sera di venerdì. "Il medico del 112 mi ha chiesto se avevo avuto dei contatti diretti con questi miei vicini di casa e io ho confermato che non ho avuto un contatto diretto, ma che semplicemente frequentiamo la stessa rampa di scale, la stessa portineria. E basta. Mi ha risposto che se non c’è stato un rapporto dovevo contattare il mio medico curante al che gli ho spiegato che era stato lui a indirizzarmi al 112. Il medico, testuali parole, mi ha detto ‘guardi ha ricevuto un’informazione errata da parte del suo medico, contatti il suo medico perché è lui che deve curarla’. Ma essendo venerdì sera, non ho più potuto contattare il mio medico curante".

Impossibilitato a fare altro, Gabriele si è messo in auto-quarantena. L’uomo ha ricevuto anche una telefonata della Ats, l’azienda di tutela della salute, che lo ha invitato a non lasciare casa. Con grande coraggio, una amica dottoressa si è recata da Gabriele per un consulto. Dalla visita sarebbe emerso che il giovane ha solo una semplice influenza stagionale. Ma i dubbi restano, visto quanto sta accadendo. Per questo, lui spererebbe di ricevere un tampone. Anche perché c’è altra notizia che non lo tranquillizza. "Ho scoperto sabato sera tardi- ha spiegato Gabriele- che un mio amico è risultato positivo al test. Siamo usciti a cena al ristorante, il giorno 7 febbraio, in compagnia. L’ho detto ai sanitari. Di primo acchito mi hanno detto comunque ‘sicuramente lei avrà una priorità perché a questo punto lei passa come persona avente avuto un contatto diretto con l’infettato"'.

La cosa ancora più incredibile è che, sempre secondo il suo racconto a nessun altro di quel condominio sarebbero venuti a fare il tampone per il coronavirus. Le autorità sanitarie avrebbero riferito che il test erano finiti ed erano in attesa dell’arrivo di altri. La situazione incredibile diviene paradossale: l’uomo malato da una settimana, dopo le continue richieste di poter fare un tampone, viene invitato dopo 4 giorni a fare un test per il coronavirus in un ospedale che però è fuori dalla zona rossa e che, quindi, non può raggiungere.

"Vengo richiamato dall’ospedale di Sant’Angelo Lodigiano- ha raccontato Gabriele- che mi dice ‘lei ha un appuntamento per il tampone oggi pomeriggio alle 15’ Gli dico che sono appena rientrato a casa, che ho cercato di raggiungerli ma sono stato fermato al posto di blocco della polizia, che mi ha rimandato a casa perché non fanno passare nessuno. E poi mi dicono ‘stiamo cercando di organizzare adesso un centro per i tamponi, nella sua zona che sarà Codogno all’interno della zona rossa e quindi aspetti ancora la nostra chiamata, che verrà richiamato per fare il tampone”, qua all’interno della zona rossa'".

Anche Le Iene hanno provato a chiamare più volte il numero dell’Ats ma senza successo. Gli inviati del programma tv hanno ricontattato Gabriele dopo cinque giorni la segnalazione alla sanità Lombarda. A rispondere è stato il figlio: "Sì mio papà è in casa ma non c’ha più voglia di rispondere al telefono.

Insomma è un po’ scazzato… però non ci sono novità, te lo posso dire io, la situazione è sempre questa tamponi non ci sono non ce li fanno non arrivano".

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