Nel carcere di Opera lo chiamano «repartino». Da ottobre dell’anno scorso è la casa di Ambrogio Crespi: unico passatempo, zappare un piccolo orto. Nelle celle accanto ci sono altri protagonisti delle cronache. C’è Piero Daccò, che per la Procura di Milano era l’esattore di Roberto Formigoni, condannato a dieci anni di carcere.C’è uno dei poliziotti accusati di avere ucciso di botte il giovane Aldrovandi. E c’era fino all’altro ieri Domenico «Mimmo» Zambetti, ex assessore regionale alla Casa. Zambetti è stato scarcerato. E per Ambrogio Crespi è stata una botta.
Perché lui e Zambetti sono indagati per la stessa inchiesta e per lo stesso reato. Concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio. Per la Procura di Milano, sono loro i volti dello sbarco della ’ndrangheta nella vita politica lombarda. E a Crespi, dicono i pm, a portare a Zambetti i voti dei clan. E allora, ha pensato Crespi l’altro giorno, perché Zambetti esce e io no? Quali sono le vere colpe che devo pagare? Ambrogio Crespi ha 43 anni. Suo fratello è Luigi, sondaggista creativo e spin doctor , l’inventore del berlusconiano «contratto con gli italiani». Ambrogio lavora con lui. Gente che di mestiere «vende» politica: fino all’ottobre scorso, quando Crespi junior finisce in galera con l’accusa di avere venduto voti sbagliati alla persona sbagliata. A accusarlo sono le intercettazioni di Eugenio Costantino, uno che di mestiere gestisce dei negozi «Compro Oro», ma che aspira e si atteggia da boss. Avrebbe portato 2.500 voti alla campagna elettorale di Zambetti nel 2010: voti raccolti nei condomini popolari, attraverso i suoi rapporti con un vecchio gerarca della mafia calabrese a Milano, Pepè Onorato.
Vero o falso? Dopo l’arresto, Costantino smentisce tutto: in un interrogatorio, spiega ai pm di essere una sorta di millantatore compulsivo, «la storia dei voti procurati da Crespi Ambrogio a Zambetti me la sono inventata di sana pianta. È il mio modo di essere, io mi vanto con tutti, con mio padre, con il mio migliore amico». Zambetti, intercettato in carcere mentre parla con la sua donna, dice: «Crespi non mi ha portato neanche un voto». Si potrebbe obiettare: cercano di scagionare il complice, non hanno nulla da perdere e provano a salvare Crespi. Ma strada facendo accadono altre cose. Roberto D’Alimonte, che è il maggiore studioso italiano di flussi elettorali,analizza l’andamento dei voti di Zambetti: ed esclude che nei quartieri dove Crespi avrebbe controllato interi condomini ci siano stati picchi di preferenze. Un pentito di malavita, Luigi Cicalese, che accusava Crespi - inanellando qualche strafalcione - di essere pappa e ciccia con i boss, viene sbugiardato dalla Cassazione.
E la stessa Procura della Repubblica, dopo avere indagato Crespi e i suoi presunti complici anche per il reato di coercizione elettorale, chiede l’archiviazione dell’accusa per mancanza di prove. Basta questo, a dire che l’inchiesta sui rapporti mafia- politica in Lombardia si è sgonfiata? Assolutamente no. Zambetti esce dal carcere dopo avere confessato quasi tutto: i contatti con i boss, i soldi pagati, i favori fatti. Si presenta come la vittima un po’ ingenua di un’estorsione, «non ho avuto il coraggio di diventare un eroe dell’antimafia »; ma non nega i fatti. Su Ambrogio Crespi restano i contatti, oggettivi e assodati, con pregiudicati e balordi: contatti che lui riporta alla sua giovinezza di periferia, ma che facendo politica a tempo pieno avrebbe probabilmente fatto meglio a troncare. Su cosa abbia fatto in concreto per mediare il passaggio di voti dai clan all’assessore le intercettazioni dicono una cosa, gli interrogatori un’altra. Una sfilza bipartisan di politici - da Bobo Craxi a Pannella, dal prodiano Gozi alla Carfagna ha chiesto la liberazione di Crespi, senza smuovere (ovviamente) i giudici.
Il processo doveva iniziare in luglio, ma la Procura ha sbagliato a calcolare la competenza: se ne parlerà in autunno. Oggi i legali di Crespi depositeranno una nuova istanza. Innocente o colpevole che sia, chiedono che non debba aspettare solo lui il processo nel «repartino»
di Opera.
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