Dall'incontro tra procure al Cairo nuovi elementi sul caso Regeni

A quasi due anni dal ritrovamento al Cairo del cadavere di Giulio Regeni, continuano tra molti punti da chiarire le indagini che mirano a fare luce su quanto accadde al Cairo al ricercatore italiano.

È un'inchiesta che a lungo ha dovuto lottare con i silenzi dello Stato egiziano quella portata avanti a Roma dal procuratore Giuseppe Pignatone e dal pm Sergio Colaiocco, che oggi sono partiti alla volta della capitale egiziana per incontrare il procuratore generale Nabil Saadeq e fare il punto della situazione.

L'incontro tra le procure è il primo dopo quelli del 16 e 17 maggio scorsi. In Egitto per incontrare il presidente Abdel Fattah al Sisi, lo scorso 17 dicembre il ministro degli Interni, Marco Minniti, aveva già annunciato il nuovo faccia a faccia, durante il quale il team investigativo del Cairo ha consegnato a Roma nuovi elementi probatori.

In una nota congiunta pubblicata al termine dell'incontro, le procure scrivono anche di "un aggiornamento sullo stato di avanzamento dei lavori della società incaricata del recupero dei video della metropolitana del Cairo", grazie al quale gli inquirenti sperano di fare luce su quanto accadde il 25 gennaio dello scorso anno, quando il ricercatore sparì, per essere ritrovato - ormai morto - soltanto il 3 del mese successivo.

Il caso ha aperto una crisi tra Roma e Il Cairo, che solo di recente si sono scambiate nuovamente gli ambasciatori.

"Un miglioramento delle relazioni tra i due Paesi", secondo quanto detto oggi dal ministero degli Esteri egiziano Ahmad Abu Zaid, che ha promesso collaborazione per "identificare i responsabili dell'omicidio del ricercatore". Quella collaborazione che fino a oggi si è vista poco e con scarsi risultati.