Poteva salvarsi e invece è morta Daniela Sabbatini, una donna di Roma che da qualche giorno aveva dei dolori a reni e gamba sinistra. "Il suo calvario è iniziato il 18 marzo: da giorni aveva lievi dolori a reni e gamba sinistra, ma siccome anni fa era stata operata di ernia non si era preoccupata troppo. Il medico di famiglia le aveva prescritto solo la tachipirina", racconta la sorella al Corriere.
La donna è andata al Policlinico Casilino ma dopo poche ore è stata rimandata a casa. La diagnosi è di lombosciatalgia, che in parole povere sarebbe un brutto dolore alla schiena. Primo errore. Passa un giorno e la donna peggiora. I dolori sono talmente forti che Daniela suda freddo e si contorce dal male. Il padre decide di chiamare l'ambulanza ma nemmeno gli addetti del 118 si preoccupano.
La donna torna allora al Policlinico. "Verso mezzanotte l’ho vista, aspettava ancora la visita. Era su una sedia, con dolori terribili e l’ago della flebo era uscito dalla vena. Si è alzata per chiedere quanto mancava alla visita, ma è quasi svenuta. Mi hanno fatta uscire, sono rimasta con mio padre in sala d’attesa. Lei mi mandava messaggi per chiedermi aiuto, ma non potevo entrare", racconta ancora la sorella al quotidiano.
"Verso le 5 un medico mi ha chiamato per chiedermi se Daniela aveva problemi psichiatrici. Ovviamente ho risposto di no, ma quando l’ho vista mi sono spaventata. Era a letto, ancora cosciente ma tutta storta, un braccio blu e gonfio, una flebo infilata in un piede e continuava a lamentarsi per il dolore con un filo di voce, si contorceva, ma mi diceva grazie per essere lì e scusa, ripeteva, scusami. Mi guardava, ma gli occhi non erano più i suoi: lei li aveva azzurri, erano diventati di un grigio velato e la parte inferiore del corpo era livida, fredda".
Due giorni dopo dall'inzio dei dolori, Daniela muore. Non era lombosciatalgia, ma un aneurisma addominale, "con un inizio di ischemia celebrale e addensamento di sangue nei polmoni".
I medici
avevano avvertito qualche ora prima la famiglia che ormai non c'era più niente da fare. La madre, incredula e scioccata, ha chiesto al primario se doveva proprio morire. E lui ha risposto secco: "Sì, prima o poi tocca a tutti".
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Ecco ... speriamo che lui muoia prima e non poi ...
L'università in questo paese è una cosa seria e per poter lavorare devono prima dimostrare le loro capacità. Quello che hanno fatto in Italia si può configurare come un vero e proprio omicidio e l'ho scitto tante volte che qui la pena è una sola. Il carcere costa al popolo e questo non è ammissibile. Oltre al fatto che sia diventato primario non per le sue eccezionali capacità di guidare un team ma solo per anzianità
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