Basta galera per i giornalisti accusati di diffamazione: e via libera (nei limiti del buon senso) a rapporti diretti tra pubblici ministeri e giornalisti, in nome della trasparenza e della correttezza dell'informazione. A lanciare quella che potrebbe essere una svolta nei rapporti tra media e giustizia è Edmondo Bruti Liberati, procuratore della Repubblica a Milano, a pochi giorni dalla sconcertante decisione con cui in Calabria è stato spedito in carcere un giornalista settantanovenne.
Bruti scrive questa mattina ai suoi pubblici ministeri e a tutti i vice procuratori onorari, i "cottimisti" della giustizia cui quasi sempre è affidato il compito di rappresentare l'accusa nelle udienze per diffamazione. Il procuratore di Milano trasmette a tutti "in una traduzione non ufficiale" (e quindi probabilmente di suo stesso pugno) la decisione della corte europea dei diritti dell'uomo che nei giorni scorsi ha accolto il ricorso di Maurizio Belpietro, direttore di "Libero", contro una condanna al carcere che gli era stata inflitta quando era direttore del "Giornale". La corte europea ha sancito un principio fondamentale: punire con la galera i reati a mezzo stampa, soprattutto quando si tratta di direttori di giornale accusati per omesso controllo, si traduce in una inaccettabile condizionamento della libertà di opinione e di informazione.
È la conferma della linea che Bruti sostiene da tempo, a costo di scontrarsi con la linea dura dei suoi sostituti, come accaduto all'epoca del caso Sallusti. Di fronte alla riluttanza dei suoi pm ad adeguarsi alla linea, Bruti - con un provvedimento quasi senza precedenti - ha avocato a sè la gestione di tutti i fascicoli per diffamazione. Ma evidentemente neanche questo è bastato. E ora Bruti torna all'attacco, diramando la sentenza della corte europea. "Confido che tutti i magistrati dell'ufficio vorranno tenere nella più attenta considerazione i principi affermati dalla corte europea dei diritti", scrive Bruti, invitando i colleghi a segnalargli per tempo i "casi eccezionali" in cui secondo loro si dovrebbe deflettere dalla linea garantista.
L'intervento via mail arriva poco dopo l'intervento di Bruti Liberati a un convegno in cui aveva definito "ineludibili" il rapporto tra i pm e i giornalisti, e in parte aveva abdicato al ruolo di portavoce unico della procura che il codice gli assegna in quanto capo dell'ufficio. Per chi fa il pubblico ministero, aveva detto, 'il rapporto con l'informazione e' ineludibile''. ''L'idea che un magistrato o un responsabile di un ufficio assuma come linea di condotta 'comunicazione zero' - aveva aggiunto Bruti - significa soltanto la diffusione incontrollata delle notizie e un forte incentivo a quello che e' l'aspetto peggiore, i collegamenti personali diretti tra questo e quel magistrato e questo o quel giornalista''. L'importante, aveva aggiunto, "evitare di avere rapporti privilegiati''.
Certo, servirebbe che i magistrati imparassero a gestire i rapporti con i media, come avviene in Francia dove si tengono corsi appositi. E anche se il codice in Italia prevede che l'unico magistrato autorizzato a parlare con i giornalisti sia soltanto il procuratore della Repubblica o un magistrato delegato "quasi mai questo avviene - ha fatto notare - ed e' una regola che va applicata con un po' di buon senso: se l'informazione e' completamente centralizzata'' ci possono essere dei rischi.
''Intanto il procuratore non e' esente dai vizi di narcisismo o protagonismo, ma si aggiunge il fatto che spesso non conosce nei dettagli quello di cui parla e rischia, involontariamente, di dire quello che dovrebbe dire o dire cose che non sono esatte''.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.