Il divieto di Afd in Germania: una scorciatoia sbagliata

"Mai nel nostro Paese democrazia e libertà sono state così in pericolo", ha detto Steinmeier. E la colpa è dei "movimenti estremisti di destra che attaccano le istituzioni e guadagnano consensi"

Il divieto di Afd in Germania: una scorciatoia sbagliata
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È pensabile vietare per legge un partito che è potenzialmente il preferito degli elettori? In un sistema democratico la domanda sembra mal posta. Eppure in Germania la questione torna periodicamente a galla. Due giorni fa a portarla all'attenzione è stato il presidente federale Frank-Walter Steinmeier nel discorso per l'anniversario della caduta del Muro: "Mai nel nostro Paese democrazia e libertà sono state così in pericolo", ha detto Steinmeier. E la colpa è dei "movimenti estremisti di destra che attaccano le istituzioni e guadagnano consensi". Con questi estremisti non è possibile nessuna collaborazione e l'introduzione di un divieto legale "è l'ultima ratio di una vera democrazia", le cui premesse devono essere valutate e verificate. "Non possiamo rimanere inerti".

Il nome di Alternative für Deutschland nel discorso non c'era, ma nessuno ha dubitato che si parlasse di altro. E del resto solo nella primavera scorsa è stato il Verfassungschutz, l'Ufficio federale per la protezione della Costituzione, a rendere noto di aver classificato Afd come organizzazione estremistica.

Sul fronte della difesa costituzionale la Germania ha dimostrato nel passato un atteggiamento più che assertivo. Negli anni '50 furono dichiarati illegali due movimenti: il primo, Npd, era chiaramente neonazista; il secondo, Kpd, era il partito comunista tedesco. Nel 1972 il cancelliere Willy Brandt, non certo un reazionario, fece approvare il cosiddetto Berufsverbot, che sottoponeva a scrutinio gli impiegati pubblici e prevedeva l'allontanamento di chi mostrava atteggiamenti "ideologicamente radicali". In tutto furono licenziate 102 persone, due di destra, tutti gli altri simpatizzanti di sinistra. Contro la legge, accusata di minare alle radici la democrazia, sorsero movimenti in tutta Europa. A guidare quello nato in Francia, che adottò gli estremisti tedeschi come quelli italiani, fu François Mitterrand.

Fin qui il passato. Una cosa però è intervenire contro forze politiche marginali e un'altra affrontare di petto un partito che ormai occupa un ruolo di spicco. Nei sondaggi degli ultimi mesi Afd e i democristiani di Cdu-Csu sono regolarmente testa a testa. Nell'ultimo, del 7 novembre, Cdu-Csu sono prime con il 27% dei voti, Afd è a un solo punto. La svolta potrebbe esserci l'anno prossimo: in programma c'è il rinnovo dei parlamenti di cinque Länder: in due, quelli del Meklemburgo e della Sassonia, Afd, con il 40% dei voti, sembra ben piazzato per guidare i nuovi governi. Certo, molte tra le idee di Afd sembrano cozzare contro i principi che reggono la Repubblica Federale. Nei periodici riferimenti alla cosiddetta "remigrazione", per esempio, viene sempre citato in maniera ambigua il destino dei cittadini tedeschi di origine straniera, che vengono considerati "non assimilati" (quasi a introdurre una categoria di cittadinanza con diritti inferiori). Lo stesso accade sul piano internazionale. Esponenti di Afd sono stati messi sotto inchiesta per i rapporti con la Cina o con la Russia. Il partito, insomma, appare tutt'altro che inoffensivo. Resta però il fatto che le idee non si possono vietare e che agire sul piano giuridico per proteggere la democrazia, rischia di avere l'effetto opposto, privandola della legittimazione, che è la sua ragion d'essere.

Quella affidata ai tribunali resta dunque una scorciatoia solo all'apparenza comoda. La via maestra, per chi considera Afd un pericolo, non può che essere politica. E qui iniziano le difficoltà, non solo in Germania, per chi vuole difendere la democrazia dai suoi nemici.

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