Sanremo 2020

L'attacco del sacerdote al Festival di Sanremo: "Lasciate stare i santi"

Don Silvio Zannelli ne ha per tutti: da Benigni ad Achille Lauro, passando per Rula Jebreal. Perché Sanremo dovrebbe "lasciar perdere i Santi"

L'attacco del sacerdote al Festival di Sanremo: "Lasciate stare i santi"

Sanremo potrà pure giocare con i fanti, ma dovrebbe lasciare perdere i Santi. Questo è, in sintesi, il giudizio di don Silvio Zannelli da Firenze. Artista, pittore professionista, discendente della scuola Annigoniana e sacerdote dal 26 aprile del 2014, don Zannelli esercita il ministero nella Chiesa Fiorentina come vicario parrocchiale presso la parrocchia di Santi Gervasio e Protasio. E il parroco, sull'edizione annuale di Sanremo, ha le idee molto chiare.

Don Silvio, le è piaciuta l'esibizione a Sanremo di Benigni? Il Cantico dei Cantici può essere interpretato in quel modo?

Accanto al Benigni di ieri sera (dell'altra sera, ndr), esiste un Benigni uomo di cultura, entusiastico e brillante lettore della migliore tradizione letteraria cristiana. Quale Benigni è quello vero? Tutti e nessuno. Quello che esiste di certo è un toscanaccio che possiede la materia, ma soprattutto è bravo a "legare l'asino dove vuole il padrone". Faccio mio questo commento, in riferimento a quanto il comico afferma durante il festival della canzone Italiana: “Il Cantico…un amore senza distinzione di genere”. Peccato, però. che nella Bibbia non troviamo nessuna suddetta “distinzione di genere” e che “L’Amore”, in tutta la Sacra Scrittura, sia inteso come dono di sé e scoperta dell’altro. Nel suo sviluppo, indica precisa unità di elementi complementari: uomo-donna, corpo-anima, creatura- Creatore. È bene per tutti, quando ci si addentra nei testi Sacri, purificare prima lo sguardo e il cuore. Come avvenne per il giovane Agostino D’Ippona: ”Agostino amò il Cantico dei Cantici e lo valorizzò con meditata umiltà’, manifestando la gratitudine a Dio per avergli aperto gli occhi dello spirito nella trasfigurazione del suo giovanile amore carnale verso il più alto grado dell' amore spirituale”. Non è sufficiente parlare di Dio per conoscere Dio: occorre prima una conversione del cuore.

Achille Lauro e San Francesco: pensa che l'artista veronese abbia ben interpretato la celebre scena in cui il Santo di Assisi si libera di ogni suo abito?

Anche in questo caso una cattiva interpretazione fa sì che l’asino sia legato dove stabilito dal padrone. La spoliazione del giovane Francesco, anzitutto, è la spoliazione di un uomo da ogni vincolo materiale e spirituale atto in prima istanza ad impedire la realizzazione di un amore “libero” e totale. L'affermazione di Gesù, ossia “la Verità vi farà liberi”, mai come oggi, ci appare come un paradosso, in un mondo dove anche per il giovane Francesco conseguire la propria vocazione, comportava necessariamente prima di tutto “rendere" a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Con il “me ne frego” rivolto al mondo intero, non credo Achille Lauro possa identificarsi con il giovane Francesco D’Assisi senza, di conseguenza, cadere in una vera e propria strumentalizzazione del messaggio del nostro amato Patrono.

Lei su Facebook ha scritto quanto segue: "Vorrei vedere lo stesso coraggio e la stessa ironia di questi profeti del nulla verso Maometto e e il Corano". Circola un po' di doppiopesimso?

Se è vero che “nemo propheta in patria”, è ancor più vero che è impossibile affermare altrettanto riguardo ai “falsi profeti” di questo mondo. Trovo che scherzare con i “Santi” per lasciar fare ciò che gli pare e piace ai “Fanti”, sia un segno di questi nostri tempi “dissacratori”. E come non possiamo accettare atteggiamenti irriverenti verso Dio e i suoi profeti, cosi non possiamo accettare il “doppiopesismo” di chi approfitta per trarre vantaggio dal debole e asservire il forte. Agli occhi di questo mondo, Cristo è un vinto, è debolezza. Ma non può essere così per chi crede in Lui.

E invece la storia di Paolo Palumbo è un bell'esempio, no?

Di Paolo Palumbo mi ha commosso e colpito molto il valore che lui ha dato al tempo. “Esso è poco e prezioso” - ha detto - "va sfruttato per il bene”. Una testimonianza straordinaria di un uomo, che pur nella completa immobilità, dà un senso alla sua sofferenza, ci porta l’essenziale: " Avete usato il vostro tempo nel migliore dei modi? Avete detto 'ti voglio bene'? Il tempo che abbiamo a disposizione è poco e prezioso e dovremmo sfruttarlo riempiendo il mondo di altruismo". Di fronte al tema della “morte”, Paolo comunica la sua gioia di vivere e ci apre alla speranza, la morte vista infatti non come una esistenza che finisce, ma come un compimento verso ciò che è importante ed essenziale. Già il filosofo Cristiano Blaise Pascal affermava che l’uomo è solito fuggire il pensiero della morte, occupando la propria vita in molti interessi.

Cosa ne pensa del monologo di Rula Jebreal? Qualcuno si è chiesto perché la giornalista non abbia fatto riferimenti all'utero in affitto...

La schiavitù del consenso, il rischio di condizionare le menti che non sono più in grado di pensare liberamente, ma solo di uniformarsi al “politicamente corretto”, condizionano anche il cuore obbligato ad ascoltare il mondo anziché la coscienza. Questo vale per tutti, anche per Ronaldo (Cristiano, ndr). Anche per me.

In definitiva, qual è il suo giudizio, da sacerdote, su questa edizione di Sanremo?

Il mio giudizio su questa edizione di Sanremo è che bisogna attingere alla saggezza dei nostri anziani e che i loro detti rimangono veri ancora oggi: “Scherza con i fanti e lascia stare i Santi”.

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