Politica

L'Italia che si rialza non piace a Berlino

Mario Draghi ha sentito uno spiffero di vento soffiare dall'Europa, precisamente da Berlino.

L'Italia che si rialza non piace a Berlino

Mario Draghi ha sentito uno spiffero di vento soffiare dall'Europa, precisamente da Berlino. È il fantasma di Alexander Hamilton. A evocarlo è stato Wolfgang Schaeuble, presidente del Bundestag, il Parlamento tedesco. Non lo ha fatto a caso.

Hamilton è uno dei padri fondatori degli Stati Uniti d'America. È il segretario al Tesoro di George Washington e il fondatore, con John Adams, del partito Federalista. Qualcuno lo considera l'uomo che ha indirizzato le tredici colonie verso un destino da grande potenza. Per altri è il patriarca dei poteri forti e il cinico uomo d'affari che ha tradito lo spirito libertario della repubblica. Tra questi c'era Thomas Jefferson.

Hamilton toglie spazio ai singoli Stati. Accentra. Incardina. Lo fa strappando autonomia economica. La prima mossa è condividere il debito. La seconda commissariare. La terza creare una banca nazionale. Si può dire che è in questo modo che le colonie sono diventate l'America o forse questa era solo una delle strade possibili. Di certo la scelta di Hamilton segna anche la vittoria degli Stati del New England sulla Virginia.

È per questo che Schaeuble cita il nemico di Jefferson. «Serve un patto di riscatto del debito per la zona euro sul modello dello storico fondo di ammortamento istituito da Hamilton nel 1792». Il messaggio ha un destinatario preciso. È appunto Mario Draghi. Fa nome e cognome. «Ho discusso più volte di questo azzardo morale. Lasciati a se stessi, i membri di una confederazione di stati rischiano di soccombere alla tentazione di contrarre debiti a spese della comunità».

Schaeuble sta notando che l'Italia in qualche modo sta cercando di rimettersi in piedi. Non è il solo. Se ne è accorto anche Valdis Dombrovskis, il vicepresidente Lettone della commissione europea. Tanto è vero che ha subito rilanciato l'idea di ripristinare il patto di stabilità. Draghi sarà pure bravo e autorevole, ma l'Italia non pensi di crescere solo affidandosi al debito: «Gli squilibri macroeconomici restano eccessivi». Debito troppo alto, bassa produttività e un mercato creditizio in sofferenza. La vacanza insomma sta per finire.

La cosa strana è che questi discorsi avvengono quando i prestiti del Recovery non sono neppure arrivati. È un'allerta, ma che nasce da due vecchi sentimenti mai tramontati. Il primo è la sfiducia. Non bastano le garanzie dell'ex capo della Bce a spazzare via i dubbi sul carattere degli italiani. Resiste il sospetto di una spesa allegra, del debito cattivo, di un Paese che preferisce assistere piuttosto che investire. È un pregiudizio, ma che non è facile da smentire. È la vecchia storia della «bella vita», con gli italiani ricchi, evasori, con i risparmi in banca e la casa di proprietà e di uno Stato straccione e che non rispetta le regole del gioco. Per Schaeuble questa è anche una questione morale. C'è un'Europa che continua a ripetere di non voler pagare per le cicale italiane.

L'altro sentimento è un desiderio, che risponde alla domanda: chi deve contare in Europa? Draghi sta riportando l'Italia al centro della scena. È lì ad occupare il vuoto lasciato dalla Merkel.

Ora l'Italia che fallisce è un problema, ma pure l'Italia che conta troppo non fa comodo a Berlino.

Commenti