Cronache

"Erano minacciati di morte". E il giudice assolve due scafisti

Nel naufragio erano affogati in 12. I pm volevano l’ergastolo. Ma per la toga i due migranti erano stati "costretti" a pilotare il gommone

"Erano minacciati di morte". E il giudice assolve due scafisti

Erano accusati di avere guidato un gommone zeppo di migranti. Erano accusati di aver provocato il naufragio nel Canale di Sicilia, durante la traversata tra la Libia e la Sicilia, durante il quale morirono ben dodici persone. E per questo erano accusati di omicidio plurimo per cui il pm aveva addirittura chiesto l'ergastolo. Eppure il gup Gigi Omar Modica ha assolto due scafisti applicando la discriminante dello "stato di necessità".

Secondo il gup, come riporta la Stampa, il senegalese Jammeh Sulieman (21 anni) e il gambiano Dampha Bakary (24 anni) non avrebbero deciso "autonomamente e liberamente di avventurarsi per il Mediterraneo alla guida di un mezzo di fortuna, carico all’inverosimile di persone" ma sarebbero stati obbligati da "soggetti libici armati". E sono stati subito rimessi in libertà. Una decisione che ha provocato forti dubbi da parte dei pm dal momento che non è assolutamente dimostrato l legame tra i due trafficanti di uomini e i "libici armati". Nelle diciassette pagine in cui ha messo nero su bianco le motivazioni della sentenza, il gup mette in dubbio la genuinità di testimonianze che consentono di ottenere il permesso di soggiorno e parla di "preciso interesse a rendere dichiarazioni accusatorie" che per questo motivo "devono essere sottoposte ad un attento vaglio di credibilità intrinseca ed estrinseca".

Scafisti per forza, dunque. "Non avevano altra scelta se non quella di commettere i reati - scrive il gup - per salvare la loro vita da una situazione superiore alla loro volontà". E ricostruisce: "Quando giungono in spiaggia, trovano già il natante carico di migranti... sotto la minaccia di armi da guerra non possono che accondiscendere alla determinazione dei libici su chi dovesse guidare l’imbarcazione. Tornare indietro sarebbe stato un atto del tutto scellerato". "Proseguire invece nella rotta - conclude la sentenza - poteva significare invece coltivare una qualche speranza di giungere sani e salvi in un Paese sicuro e libero come l’Italia".

Invece, ne sono morti dodici.

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