Cronache

"3 contro una tr...". L'analisi delle chat di Grillo

Caso Ciro Grillo: "Nelle chat dei ragazzi viene utilizzato un linguaggio fortemente sessista", spiega a IlGiornale.it la pedagogista Antonella Gorrino

"3 contro una tr...". L'analisi delle chat di Grillo

Chat, fotografie e video. Qualche ora dopo il presunto abuso sessuale ai danni della 18enne italo-svedese, tra Ciro Grillo e gli amici si consuma un fitto scambi di messaggi su WhatsApp a commento di quanto appena accaduto. Il più attivo del gruppo è Edoardo Capitta, uno dei 4 genovesi indagati dalla Procura di Tempio Pausania. "No, non puoi capire..3 vs 1", scrive a un amico alle ore 14.15 di quel 17 luglio. Poi continua: "Poveraccia", dice riferendosi alla vittima. Ma non è tutto.

Nelle conversazioni del giorno successivo i ragazzi rivelano di aver filmato "la notte brava" a Cala di Volpe, nella residenza di Grillo Jr. "Ho 4 video facili, c'era anche il cameraman. Lei era una tr...", si pavoneggiano della "prodezza" messa a segno la mattina precedente. "C'è un linguaggio fortemente sessista ancora molto radicato. Quando si vuole insultare una donna, si usano sempre termini che fanno riferimento alla sfera sessuale", spiega alla nostra redazione la pedagogista Antonella Gorrino.

Dottoressa Gorrino, che spunti di riflessione offre questo caso da un punto di vista pedagogico?

"Il caso è emblematico di tantissimi altri che si possono riscontrare nella quotidianità. Le dinamiche di questa vicenda - il ruolo dei genitori nell'educazione dei propri figli e la mancanza di empatia nei giovani - sono più diffuse di quanto non si creda. E questo lo posso affermare per la mia esperienza professionale di pedagogista e formatrice".

Partiamo dalla prima osservazione: il ruolo dei genitori. Come interpreta l'intervento di Grillo nella vicenda?

"L'intervento di Grillo è l'espressione tipica della cultura familistica italiana, connotata da caratteri fusionali, se non simbiotici: 'Imprigionate me, al posto suo', dice nel 'famoso video'. In generale un genitore che difende il figlio è già un fallimento educativo, al di là della colpevolezza o innocenza, perché non riconosce al figlio lo status di persona autonoma e indipendente, responsabile delle proprie azioni. Se un padre non riconosce questa responsabilità, è molto difficile che lo faccia il ragazzo".

Lei ha parlato di "assenza di empatia nei giovani". Ci spiega cosa vuol dire?

"Un ragazzo che non ha sviluppato empatia, ovvero la capacità di mettersi nei panni dell'altro, farà fatica a 'stare dentro' una relazione. L'empatia è la condizione necessaria per costruire la moralità e, di conseguenza, per imparare ad avere un 'atteggiamento morale' nei confronti di un'altra persona".

Vale anche per i protagonisti di questa storia?

"Non entro nel merito specifico della vicenda, ma appare piuttosto evidente l'assenza totale di empatia verso la ragazza coinvolta nei fatti. Questi giovani hanno vissuto la circostanza quasi come 'un gioco' senza provare, neanche per un attimo, a mettersi nei panni dell'altro".

"C'era il cameraman". E poi, ancora: "Eravamo 3 vs 1", racconta uno dei ragazzi nelle ore successive...

"Queste chat confermano ciò che ho spiegato poc'anzi. Hanno vissuto l'esperienza come fossero sul set di un film o in una sorta di videogioco. Anzi l'espressione '3 Vs 1' è tipica di quei 'videogiochi sparatutto' e, in questo contesto, sembrerebbe sottolineare una situazione di contesa. Non hanno avuto percezione di ciò che stava accadendo, come se avessero mischiato reale e virtuale".

Quindi non erano consapevoli di ciò che stavano facendo?

"Probabilmente no. Ma ciò non depone al loro favore. Una persona, specie se maggiorenne, deve essere responsabile delle proprie azioni".

Nella versione fornita dai 4 ragazzi, si sarebbe trattato di un "rapporto consenziente". Cosa ne pensa?

"Ovviamente non spetta a me dire come sono andate le cose. Una sessualità consapevole necessita di un percorso che coinvolga anche la sfera dell’affettività. Un’esperienza cosi intensa come quella di un rapporto con più persone, non può essere ancora, vista l’età della ragazza, una scelta “consenziente”. Credo che ci sia necessità di educazione sessuale per i giovani e che, la mancanza di questa, venga sostituita da un uso massiccio di pornografia, che coinvolge anche indirettamente le donne".

Il video del presunto abuso è stato immediatamente condiviso nelle chat con gli amici. Perché?

"È una caratteristica della società contemporanea. Si vive tutto nell'immanente, nell'immediatezzae nella condivisione di esperienze condividere sulle chat o i social. Siamo diventati dei consumatori voraci, dimenticando di essere dapprima delle persone. Il punto è che, in questo caso specifico, è stata condivisa con naturalezza la nudità di un corpo, quasi come fosse un oggetto. Ciò si ricollega sempre all'assenza di empatia che, specie nelle ultime generazioni, è condizionata dall'uso massiccio – ma soprattutto inadeguato - dei social media. I giovani non si rendono conto che il virtuale è reale, al punto da non avere comprensione della sofferenza altrui".

Nelle chat Grillo e i suoi amici usano parole sprezzanti nei confronti della ragazza. Cosa dimostra questo "abuso linguistico"?

"Ciò dimostra che certe conquiste sul terreno della parità non sono state ancora raggiunte appieno. C'è un linguaggio fortemente sessista ancora molto radicato. Quando si vuole insultare una donna, si usano sempre termini che fanno riferimento alla sfera sessuale. Molti giovani sono ancora legati alla cultura maschilista, più di quanto potrebbe sembrare".

Vale anche quando si parla di stupro?

"Lo stupro non è l'espressione della carica ormonale maschile dei ragazzi, che impedisce loro di trattenersi, come nei secoli ci hanno fatto credere, ma è essenzialmente un fatto culturale che ha le sue radici nell'educazione famigliare".

Dunque, in definitiva, il problema è l'educazione?

"Sì. Sembra banale ma il problema è proprio l'educazione, sia quella ricevuta in famiglia che a scuola. Occorre educare in particolar modo a sviluppare quelle competenze relazionali necessarie per affrontare i conflitti senza diventare
violenti.

Questa capacità si acquisisce da piccoli, a scuola e in famiglia".

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