Scena del crimine

"Un errore di natura". Quel comunista impotente che mangiava i bambini

Andrej Čikatilo è passato alla storia come il "Mostro di Rostov": ha ucciso e mangiato 56 vittime in circa 12 anni, terrorizzando il mondo

Malcolm McDowell in una scena di Evilenko
Malcolm McDowell in una scena di Evilenko

Quando venne alla luce, la storia di Andrej Romanovič Čikatilo destò profondo sgomento in tutto il mondo, come spesso accade per le vicende che vedono protagonisti i serial killer. Ma qui c’è anche dell’altro, degli elementi che rendono questa storia unica: c’è un’informazione per lungo tempo sommersa - in base alla proverbiale segretezza sovietica di fronte a tematiche potenzialmente esplosive - ci sono delle vittime tra le più deboli della società come i bambini, ci sono delle dinamiche di inchiesta che rappresentano probabilmente un unicum.

A Čikatilo sono stati dati vari nomi dalla stampa: il più celebre è il Mostro di Rostov (o anche il Macellaio di Rostov), ma anche Cittadino X, che ha ispirato un film tra diversi che hanno ritratto l’assassino seriale. La più celebre è una pellicola italiana, Evilenko, scritta e diretta da David Grieco, che l’ha basata sul suo romanzo “Il comunista che mangiava i bambini”. Čikatilo, che nel film ha il nome di Andrej Evilenko appunto, è interpretato dall’attore britannico Malcolm McDowell.

Prima degli omicidi

Un passo indietro: da dove viene il detto in base al quale “i comunisti mangiano i bambini”? Naturalmente questa voce è nata in seno agli oppositori, nel tempo, del regime sovietico, e ha avuto particolare presa durante la Guerra Fredda, come si legge su Focus. Tuttavia la propaganda affonda le sue radici in alcuni episodi storici, più o meno tra il 1921 e il 1941, in cui pare si siano verificate azioni di cannibalismo.

È proprio in questo periodo, nel 1936, che nasce Čikatilo, in una città che oggi fa parte dell’Ucraina, ma un tempo apparteneva all’Unione Sovietica. Quel territorio, nel corso degli anni ’30, come chiarisce Britannica, fu funestato da una grave carestia: è uno di quegli episodi in cui alcune persone ricorsero appunto al cannibalismo. A Čikatilo, da bambino, la madre raccontò che il fratello maggiore era morto proprio in questo modo: mangiato dai vicini di casa, anche se in effetti questo evento specifico è molto difficile da provare con certezza. Quello che si ritiene è che l’immagine del fratello ucciso in questo modo abbia influito fortemente sulla psiche del serial killer.

Čikatilo seguì apparentemente la vita che ebbero in quel momento storico tanti cittadini sovietici: agli occhi del mondo un fedelissimo del comunismo, fece la leva obbligatoria, divenne ingegnere telefonico a Rostov e si sposò nel 1963, avendo poi due figli, un maschio e una femmina. Successivamente, nel 1971, si laureò alla Rostov Liberal Arts University e poi trovò un impiego da insegnante. Insegnò in diverse scuole: veniva cacciato periodicamente, ogniqualvolta i genitori venivano a sapere degli assalti sessuali ai danni dei loro figli. Gli istituti, per evitare scandali, si limitavano a licenziarlo.

I delitti

Il serial killer ha ucciso 56 persone, donne e bambini maschi o femmine, tra il 1978 e il 1990. Tre di esse non gli furono attribuite, anche se confessò: Čikatilo aveva sepolto i corpi, che si presentarono agli inquirenti in avanzato stato di decomposizione e impossibili da identificare. Anche per via di chi erano le vittime preferite dell’assassino.

Certo, le scomparse dei bambini venivano denunciate dai genitori, ma le altre vittime erano donne senzatetto o prostitute, persone disperate, “invisibili”, che Čikatilo incontrava alle fermate d’autobus o in attesa di prendere il treno, e per le quali nutriva profondo disprezzo. Molte delle vittime furono uccise o trovate nei pressi di Rostov, ma anche in altre località in cui Čikatilo si trovava a causa dei suoi continui cambi di lavoro: per lo più Russia meridionale e Uzbekistan oltre che Ucraina, descrivendo questi territori in termini attuali.

Il movente era di tipo sessuale: il serial killer provava piacere fisico nell’uccidere le sue vittime, che poi venivano mutilate o parzialmente divorate. Come riporta La Stampa, lo psichiatra Aleksandr Bukhanovskij che lo incontrò più volte, lo definì come “inibito, normalmente impotente, solitario e senza amici, afflitto da un senso di inutilità” già ancor prima di vederlo. “Esistono predisposizioni biologiche e sessuali per questo tipo di crimini - disse il medico - ma sono le circostanze sociali a determinare se queste predisposizioni si manifestano o no”.

Le indagini

Sono uno sbaglio della natura, una bestia pazza”. Queste sono parole dello stesso Čikatilo rivolte agli inquirenti. Ma non fu affatto facile per loro giungere al suo arresto, far finire la mattanza.

Va ricordato che si era ancora in piena Guerra Fredda: non a caso l’arresto di Čikatilo giunge all’indomani della caduta del Muro di Berlino. E, come gli americani descrivevano i russi come “mangia-bambini”, i sovietici dal canto loro liquidavano il fenomeno dei serial killer ascrivendolo esclusivamente alle democrazie occidentali. Ma i serial killer non agiscono mappamondo alla mano. Questo ritardò in effetti la prevenzione di alcuni omicidi: la polizia non poteva avvisare la popolazione che c’era un maniaco omicida a piede libero, che per giunta, oltre a uccidere, mangiava i bambini.

Però nel 1984 la polizia giunse apparentemente a una svolta. Un agente vide Čikatilo molestare una giovane in stazione. Perquisendo la sua valigetta trovò vari strumenti di offesa, come un lungo coltello. Gli fecero un esame del sangue, per controllare se il suo gruppo sanguigno corrispondeva al ricercato: gli inquirenti avevano in mano però il suo sperma, trovato sulle vittime, e Čikatilo rappresentava uno di quei rarissimi casi in cui sperma e sangue non possono essere usati per identificare una persona, perché non corrispondono. Fu rilasciato, ma trascorse comunque un breve periodo in carcere per furto.

L’arresto, la confessione, l’esecuzione

Fu arrestato nuovamente nel 1990: la polizia aveva preso a sorvegliare capillarmente stazioni e fermate d’autobus, dove lo trovarono in possesso della stessa valigetta con le stesse armi degli anni precedenti.

Čikatilo confessò in carcere tutti gli omicidi compiuti. Al processo, avvenuto nel 1992, fu ritenuto sano di mente e condannato alla pena di morte. Un colpo alla nuca spense per sempre il Mostro di Rostov il 14 febbraio 1994, anche se le sue vicende continuano a far paura per l’efferatezza dei suoi crimini. Il 16 ottobre 1992, Grieco ha scritto su L’Unità: “Con i suoi 55 omicidi di donne e bambini, Andrej Romanovič Čikatilo è salito di prepotenza in vetta al Guinness dei primati.

Speriamo che ci resti il più a lungo possibile”.

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