Breve rassegna degli stupidari letti e sentiti all'indomani dell'approvazione della riforma della giustizia. Su Il Fatto Quotidiano Marco Travaglio annuncia che "questo giornale riprende la battaglia in difesa della Costituzione". Bentornati, immaginiamo che metterà in campo il suo editorialista principe in materia, quel Piercamillo Davigo fresco di terza condanna a un anno e mezzo di carcere per rivelazione di segreti d'ufficio. Ma a parte questo non capiamo cosa ci sia da difendere, dato che da nessuna parte la Costituzione vieta la separazione delle carriere, semmai auspica proprio il contrario. Il Pd di Elly Schlein ha coniato il motto "No ai pieni poteri" per protestare contro l'approvazione della riforma da parte della maggioranza. Come al solito messaggio confuso, manca pure il soggetto. A chi questa riforma conferirebbe "pieni poteri" giudiziari, se non ai magistrati stessi? Forse intendevano che la maggioranza non ha il "pieno potere" di varare una legge sgradita all'opposizione, ma se così fosse peggio mi sento (per saperne di più leggere la Costituzione). Sempre il Pd annuncia una campagna referendaria dura contro la separazione delle carriere. Ma cinque anni fa, quando Maurizio Martina correva per la segreteria del Pd, nel suo programma c'era scritto nero su bianco: "Il tema della separazione delle carriere appare ineludibile per garantire un giudice terzo e imparziale". A sottoscrivere quella mozione - per comodità copio dal quotidiano Il Foglio di ieri - non furono esponenti di destra, ma una lunga lista di dirigenti democratici che oggi siedono ancora in Parlamento: Alessandro Alfieri, Mauro Berruto, Graziano Delrio, Vincenzo De Luca, Andrea De Maria, Lorenzo Guerini, Simona Malpezzi, Matteo Mauri, Matteo Orfini, Valeria Valente, Dario Parrini, Francesco Verducci e Debora Serracchiani, che non è un nome qualsiasi: oggi è la responsabile giustizia della segreteria del Pd. E infine c'è lo sdegno dei magistrati, che a maggioranza tengono in ufficio la fotografia di Giovanni Falcone come simbolo da onorare e seguire nei suoi principi integerrimi. Ebbene, Falcone fu il primo inascoltato sostenitore della separazione delle carriere.
Scrisse: "Chi, come me, richiede che pm e giudici siano due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell'indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell'azione penale, desideroso di porre il Pm sotto il controllo dell'esecutivo". Falcone oggi starebbe con Nordio e con il centrodestra. Tutti gli altri con il condannato Davigo.