"Fanno schifo, sono una m****". Le intercettazioni sulla truffa delle mascherine

Spuntano i commenti sulla qualità dei dispositivi di protezione: "Alla Protezione civile non ho detto niente, ma in qualche modo devo giustificarmi"

"Fanno schifo, sono una m****". Le intercettazioni sulla truffa delle mascherine

Si è conclusa con 6 arresti l'inchiesta relativa a 6 milioni di mascherine e a una fornitura di camici ordinati a marzo, che sarebbero dovuti arrivare in tre giorni alla Protezione civile della Regione Lazio, giunti a destinazione invece a distanza di 5 mesi. Secondo la procura di Taranto sulla fornitura da 24 milioni di euro, aggiudicata a una società con sede nel capoluogo ionico, si sarebbe consumata una truffa operata da 6 persone che da ieri mattina sono ai domiciliari: sono accusati di associazione per delinquere finalizzata anche alla frode, al falso, alla vendita di prodotti con segni mendaci, al riciclaggio e all'auto riciclaggio in Italia e all'estero. Gli investigatori hanno spiegato che la società avrebbe "fornito documenti rilasciati da enti non rientranti tra quelli a ciò deputati e per superare le procedure di sdoganamento, ha prodotto falsi certificati di conformità". Dunque sarebbero stati forniti prodotti potenzialmente non adatti allo scopo.

Le intercettazioni

In questo contesto sono spuntate le intercettazioni che evidenzierebbero come gli indagati non avessero le carte in regola. "Fabio ci ha mandato un video che io ho girato al mio cliente [...] che mi ha detto che gliel'hai mandato te, quel video è stato fatto per uno dei miei clienti, è stato croppato è stato messo sopra il nome di... è una truffa! Lo capisci!"", dice L. Segue poi uno scambio di conversazioni rispettivamente tra A e R: "Ma scusa il bonifico dei mille euro a Jean Francois perché non lo hai fatto ancora?"; "Ma che bonifico è"; "Dice che ti ha mandato una fattura"; "Ma qua tutti mandano fatture ma per che cosa Antò? Fatemi capire qua ogni giorno arriva una cosa per roba che non c'entra un c**** sulla società".

Poi riprendono i contatti tra P e A, con il primo che dice a chiare lettere: "Perché io ad oggi, alla Protezione civile, non ho detto niente, ho detto semplicemente che noi abbiamo fatto richiesta all'Inail e stiamo aspettando che l'Inail risponda". E a quel punto arrivano i commenti sulla qualità delle mascherine: "In realtà sappiamo tutti e due"; "Sappiamo bene che fa schifo"; "Eh esatto cioè un prodotto di m****"; "Vabbè prodotto di m****". Pertanto P si chiede: "E quindi devo potermi giustificare in qualche maniera, no?".

"Falsa certificazione di conformità"

Il gip ha sottolineato che la Internazionale Biolife, quando aveva proposto la fornitura di mascherine e camici, "non aveva ancora la disponibilità della merce e non aveva neanche contezza della tempistica necessaria per soddisfare le esigenze dell'Ente". Inoltre alla data del 28 aprile "non aveva ancora consegnato all'Agenzia Protezione civile della Regione Lazio alcun dispositivo di protezione individuale pur avendo ricevuto il cospicuo anticipo di 4,9 milioni di euro". Le consegne delle mascherine sarebbero avvenute solamente nel mese di agosto, ben oltre i termini contrattuali statuiti, "approvvigionandosene in un periodo di maggiore facilità di reperimento e probabilmente ad un prezzo decisamente inferiore a quello che avrebbe dovuto pagare se avesse rispettato i termini di consegna in piena emergenza Covid-19".

La fornitura dei camici e delle tute "è rimasta totalmente inadempiuta, anche se la Internazionale ha consegnato una parte del prodotto, corredata da falsa certificazione di conformità". Alla Regione Lazio sarebbero stati consegnati solo 147.

940 camici "a fronte di un milione promesso, ma soprattutto le indagini svolte dalla Gdf hanno consentito di accertare che quei camici consegnati erano accompagnati da certificazione di conformità palesemente contraffatta".

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