In un clima di sospetti e veleni inizia la settimana in cui il governo deve verificare la propria tenuta, cioè decidere se e come continuare la sua traballante avventura. Nessuno si fida di nessuno, sia tra i partiti di maggioranza sia tra quelli dell'opposizione; tante sono le possibili soluzioni, che vanno dal rimpasto alla crisi, da un nuovo governo alle elezioni anticipate. Scenari diversi che necessitano di strategie e alleanze diverse.
Fino a che non ci sarà un punto fermo, nessuno si sbilancia davvero, al massimo si gettano sassi nello stagno per muovere le acque e vedere l'effetto che fa. Che è quello che ha fatto anche Matteo Salvini, non escludendo che la Lega potrebbe valutare proposte non indecenti, ma interessanti sì.
Solo Giorgia Meloni, per ora, è ferma sulla indisponibilità a uno sbocco diverso da quello elettorale e non nasconde l'irritazione per la fuga in avanti, evidentemente non concordata, di Salvini.
Ma sono queste appunto le ore dei tatticismi e dei bluff. Come in tutte le partite di un certo livello, nessun giocatore cala il jolly anzitempo, ammesso che almeno uno lo abbia in mano.
Ma tra le tante ipotesi circolate, una mi sembra davvero inverosimile, e mi riferisco a quella di un Conte tre. Tre volte premier con tre maggioranze diverse? Chiunque aderisse a un simile progetto non solo si coprirebbe di ridicolo, ma immagino sarebbe punito dai suoi elettori alla prima occasione. Conte non è la vittima, ma la causa principale dell'impasse dei suoi due governi.
Non è possibile che per due volte, a distanza di un solo anno l'una dall'altra, la situazione gli sfugga di mano in questo modo.
Conte prova in tutti i modi a governare da solo, non per smania di potere ma per paura, per debolezza, per mancanza di fiducia e stima reciproche tra lui e i suoi alleati di turno.
In altre parole, perché non è all'altezza di governare.
Quindi, se la soluzione per disfarsi di lui fosse anche un po' pasticciata, ma l'unica percorribile in concreto, non starei lì a fare tanti sofismi. Prendersi la responsabilità di governare a volte è un dovere, non un calcolo di convenienza elettorale e politica.
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