Politica

Follia del governo: "I ristoranti? Chiudano"

La Castelli: "Pochi clienti, trovino un altro lavoro"

Follia del governo: "I ristoranti? Chiudano"

Se non stessimo parlando di un viceministro della Repubblica italiana, tutto quello che stiamo per raccontarvi farebbe ridere. Molto. Invece, ahinoi, fa arrabbiare. Moltissimo. Venerdì sera, la pentastellata Laura Castelli è ospite del Tg2 Post su Raidue. La discussione tocca, inevitabilmente, la devastante crisi economica che si è abbattuta sul nostro Paese in seguito al Covid. Tra i settori più martoriati, è noto, c'è quello della ristorazione: azzoppato prima da tre mesi di lockdown e ora dalle regole imposte dal distanziamento sociale per evitare una recrudescenza del virus. Un comparto in forte difficoltà (nel 2019 il giro d'affari era di 86 miliardi) e al quale il governo non ha destinato sgravi e fondi sufficienti. Ma la Castelli, in diretta tv, trova una soluzione, tira fuori il coniglio dal cilindro, sfodera la ricetta per aiutare i ristoratori: «Dobbiamo aiutare i ristoratori a cambiare attività». Gelo in studio, sconcerto tra i presenti che si guardano, storditi, tra loro. «L'ha detto veramente?». Sì, lo ha detto veramente e non è uno svarione o un colpo di sole. La Castelli non molla e rilancia: «La crisi ha spostato la domanda e l'offerta, le persone hanno cambiato il modo di vivere e bisogna aiutare gli imprenditori verso nuovi business. Se una persona decide di non andare più al ristorante, bisogna aiutare il ristoratore a cambiare attività». Quindi - secondo la Castelli e, per la proprietà transitiva, anche per il governo, del quale è una illustre esponente -, se un settore va male non si deve cercare di risolvere il problema, ma bisogna aiutare il settore a chiudere. Nessuno va più al ristorante? Che chiudano i ristoranti e i proprietari e gli chef cambino mestiere, si mettano a fare dell'altro. L'illuminata viceministra invita gli imprenditori ad essere creativi e ad inventarsi una nuova professione. Siamo passati dal mito della «decrescita felice» a quello dell'«eutanasia professionale»: se un comparto è in crisi lo si aiuta, certo, ma non a riprendersi, a morire. Un concetto delirante che assume contorni criminali se a esprimerlo è il viceministro dell'Economia, cioè il numero due del dicastero che dovrebbe aiutare negozianti ed imprenditori a sopravvivere alla crisi, non ad abbassare definitivamente la saracinesca. Una dichiarazione di incompetenza, la resa totale di fronte a una recessione alla quale, con ogni evidenza, non ci si vuole opporre, ma che si vuole assecondare. D'altronde tutto torna, tutto combacia perfettamente nel sistema valoriale al rovescio dei Cinque Stelle: gli imprenditori sono «prenditori», chi ha una partita Iva è necessariamente un evasore, chi è ricco ha sicuramente qualcosa da nascondere e, dunque, va perseguitato e gli unici «buoni» sono i dipendenti pubblici e i percettori del reddito di cittadinanza. È il socialismo (ir)reale dei grillini. Le sciagurate esternazioni della Castelli ricevono subito una pioggia di critiche da Giorgia Meloni («Sono senza parole») a Matteo Salvini («Il governo più vergognoso della storia»), passando per Mariastella Gelmini («Abbia rispetto per chi lavora»). I più infuriati, a giusta ragione, sono gli stessi operatori del settore che definiscono «irresponsabili» le parole della viceministra. La quale, impavida, replica sostenendo di avere fatto «solo un esempio». Ma la Castelli non è nuova a sortite naïve e figuracce. Nel 2018, ospite a Otto e mezzo, aveva fatto scena muta sulle tessere del reddito di cittadinanza: non sapeva né chi le stesse stampando né l'entità della platea che le avrebbe ricevute. D'altronde allora era solo sottosegretario di Stato all'Economia (dopo è stata promossa viceministro, per evidenti meriti sul campo, immaginiamo). Sempre nel 2018 aveva fatto sobbalzare gli Stati Generali dei commercialisti sostenendo di essere «quasi» una loro collega perché si era occupata di buste paga e aveva lavorato in un Caf. Esternazione accolta da una gragnuola di risate. Come quando alla difficilissima domanda «cosa voterebbe in un referendum sull'uscita dall'Euro?» rispose con candore da studentessa: «Non so, e poi non si dice il proprio voto». Epico anche lo scontro con Piercarlo Padoan a Porta a Porta: quando l'economista tentò di spiegarle che l'aumento dello spread comporta l'aumento dei tassi di alcuni mutui e lei, come se l'economia fosse un'opinione, lo gelò con un piccatissimo: «Questo lo dice lei». Ma è solo una parte dell'infinito curriculum di gaffe meticolosamente collezionato dalla grillina. In questo settore è, senza dubbio, una professionista. Con la politica ha decisamente meno fortuna. Viene il dubbio che, forse, sia lei, non i ristoratori, a dover cambiare lavoro.

Il prima possibile.

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