Frustate, patti di sangue e marchi a fuoco: il convento degli orrori

Spunta una nuova testimonianza di una ex suora dell'Immacolata. Il fondatore, padre Stefano Manelli, è sotto inchiesta

Frustate, patti di sangue e marchi a fuoco: il convento degli orrori

Patti scritti col sangue, vessazioni, cibi scaduti mangiati "per obbedienza". Infine, le flagellate serali durante le preghiere. Sono questi i contorni della vicenda che sta investendo l'ordine dei frati e delle suore dell'Immacolata, il cui convento principale è a Frigento (Avellino).

Da qualche mese si rincorrono racconti e smentite, testimonianze di ex suore che - carta alla mano - dimostrano come l'ottenimento dei voti confessionali nel convento fosse legata alla scrittura di un patto di sangue. Così come fanno le mafie, dalla Camorra alla 'Ndrangheta.

Nei mesi scorsi una suora si era presentata alle telecamere del Corriere per raccontare il suo calvario all'interno della struttura delle religiose. Ora, mentre la procura di Avellino sta indagando e il dossier è arrivato nelle stanze vaticane, un'altra donna si è fatta coraggio per raccontare la sua esperienza, sempre al Corriere.

La ragazza entra i convento dei francescani dell'Immacolata a 17 anni. Al momento di prendere i voti, però, le chiesero di firmare il suo patto di sangue con Dio e con padre Stefano Maria Manelli. E così si è punta anche lei il dito con un ago per scrivere su una cartolina raffigurante l'immagine della Madonna, il suo voto di povertà, castitià ed obbedienza.

"Sì, quelli sono shizzi di sangue - racconta muovendo tra le mani la cartolina - Ero emozionata, la mano mi tremava. Era un modo per sentirci legate per sempre a quella vita e al Signore. Lo chiamavamo patto di sangue". "Ci dicevano che dovevamo tornare alle origini - aggiunge - e noi volevamo farlo. E’ una pratica che abbiamo fatto in tante, soprattutto noi che eravamo le 'prime suore'. Oggi credo non si faccia più. Ecco perché le attuali suore dicono di non saperne nulla. Di queste cartoline credo ce ne siano poche perché ci dicevano di distruggerle o farle sparire dopo aver eseguito il patto. Io ne ho fatte due. Una non riesco a trovarla, l’altra, quella più importante fatta il giorno in cui presi i voti, l’avevo conservata a casa dei miei genitori".

Ma non c'è solo il patto di sangue. Tra le altre cose anche marchi a fuoco, l'obbligo di mangiare la cenere e i cibi scaduti. Tutto venne raccolto in un dossier dal commissario apostolico, padre Fidenzio Volpi, nominato da papa Francesco dopo la decisione di sospendere il cofondatore e commissariare i frati dell'Immacolata. I faldoni, dopo la morte di Volpi, finirono alla procura di Avellino, che ha aperto un'indagine.

"Quello che hanno raccontato le mie consorelle è tutto vero - aggiunge la ex suora - I marchi a fuoco non li ho visti ma mi dicono che erano prerogativa delle suore che si trovavano in clausura, i cibi scaduti invece erano una pratica costante. Ce li facevano mangiare e dicevano che dovevamo offrirli a Dio. Se questo sacrificio fosse stato sincero, non ci sarebbe successo niente. Invece io sono stata molto male e ho avuto seri problemi all’addome". Senza dimenticare le frustate serali per disciplina e penitenza verso i peccati del mondo.

I racconti come questi si moltiplicano.

Qualche mese fa, infatti, papa Francesco ha dispensato con un decreto "tutti i membri religiosi dei frati francescani dell’Immacolata e delle suore francescane dell’Immacolata ed eventuali associati di questi istituti, dal voto privato (o promessa) di speciale obbedienza alla persona del fondatore". Padre Federico Manelli, intanto, per voce del suo avvocato, rigetta le accuse e parla di "calunnie".

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