Volevo dire a Giuliano Volpe, presidente del Consiglio nazionale dei beni culturali che chiede a Di Maio di smantellare le riforme del patrimonio culturale di Franceschini, di non preoccuparsi: Di Maio non sarà mai premier. Non lo fu neppure Berlinguer. Con il 32 per cento, e arrivati secondi, non si governa. Con la stessa percentuale (il 31,6%) al Senato nel 2013 Bersani, che poteva godere del premio di maggioranza, non riuscì a fare il governo pur umiliandosi a trattare con i grillini. Chi dovrebbe ora trattare con loro, che le elezioni le hanno perse, alla sola condizione di Di Maio premier? E come immaginare un governo indifferente all'esito elettorale, o con la Lega o con il Pd? Una presa in giro. E un qualunque governo, un'insalata russa, per compiacere Mattarella. No.
Perché tante balle? Perché tanta ipocrisia? Perché invece di illudersi e ingannare gli italiani, di fronte all'assoluta incompatibilità dei tre blocchi che hanno perso le elezioni l'uno contro l'altro, e senza che nessuno abbia la maggioranza, non si dice chiaramente che l'unica soluzione è tornare a votare? Ognuno preparandosi a uno scontro definitivo, e rimandando a un governo di larghe intese futuro un risultato che rispecchiasse la stessa attuale condizione di stallo. Qualunque governo, senza questo chiarimento, sarebbe un governo di compromesso e un tradimento. Qualunque blocco si scomponesse per partecipare a un governo sarebbe responsabile di opportunismo.
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