I voti della Lega parlano chiaro

Putin prova ad avvelenare il pozzo della politica italiana ed europea con una dichiarazione d'amore per il nostro Paese

I voti della Lega parlano chiaro
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Putin prova ad avvelenare il pozzo della politica italiana ed europea con una dichiarazione d'amore per il nostro Paese: «Siete sempre stati vicini alla Russia ha detto parlando a una studentessa di origini italiane e da voi mi sono sempre sentito a casa». Quella del dittatore russo fresco assassino, diretto o indiretto che sia, del suo oppositore Navalny è una mezza verità usata per provare a dividere partiti e opinione pubblica. È vero infatti che l'Italia è stata a lungo vicina alla Russia e che lui è stato più volte ospite gradito. È successo perché non soltanto loro, ma soprattutto Silvio Berlusconi prima e Matteo Salvini poi avevano scommesso che il processo di transizione iniziato in patria da Putin per portare la Russia verso una democrazia compiuta fosse percorribile e utile sia all'Europa sia al mondo intero. Al punto che anche l'arcinemico americano, nella persona del presidente George Bush, aveva accettato una stretta di mano a tre (lui, Putin e Berlusconi) come anticamera di una distensione definitiva tra i due blocchi est-ovest nello storico incontro di Pratica di Mare.

Quindi sì, non c'è alcun dubbio: quel Putin era amico nostro ma purtroppo la storia ha preso un'altra piega e di conseguenza nelle parole pronunciate ieri da Putin c'è un «sempre» di troppo. No, oggi l'Italia non è più «amica della Russia», non certo della sua Russia che usa carri armati e fialette di veleno per regolare i conti con nemici e oppositori. E lo prova il fatto che i nostri governi e parlamenti non hanno esitato a schierarsi a favore del popolo ucraino ed armare il suo esercito che spara proprio sui russi (oltre che approvare tutte le sanzioni economiche e commerciali contro Mosca).

È un fatto che a questa «inamicizia» sostanziale non si sia sottratta neppure la Lega di Matteo Salvini, che ha sempre votato compattamente tutti i provvedimenti punitivi della Russia e di vicinanza all'Ucraina. Politicamente questa è l'unica cosa che conta.

Il resto, comprese le dichiarazioni di cautela pronunciate da esponenti leghisti sul definire «certamente omicidio di Stato» la morte di Navalny, appartiene alla dialettica e all'opinione personale, due cose che per fortuna in Italia, a differenza della Russia, non sono considerate reato.

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