Cronache

"Non sono io la mamma assassina". Insulti e minacce alla persona sbagliata

Una ragazza di 23 anni ha subito minacce insulti sui social perché scambiata con Martina Patti. Ma si tratta di un caso di omonimia

"Non sono io la mamma assassina". Insulti e minacce alla persona sbagliata

Stesso nome, stessa età. Una ragazza di 23 anni ha subito insulti e minacce per un assurdo caso di omonimia. La malcapitata si chiama Martina Patti. Esattamente come la sua coetanea che si trova ora nel carcere di Piazza Lanza a Catania accusata di omicidio premeditato pluriaggravato e di occultamento di cadavere della figlia Elena Dal Pozzo pochi giorni fa. Ma non sono solo l’età, il nome e il cognome ad accomunare le due donne, anche la città: Catania. Oltre al fatto che anche la figlia della ragazza insultata si chiami Elena, proprio come la bimba uccisa dalla sua mamma, solo che ha tre anni e non cinque.

L'odio corre sul web

La giovane, che non ha nulla a che vedere con l’indagata, né con l’omicidio avvenuto a Mascalucia, a poca distanza dalla città siciliana, lavora in un panificio e non è neppure parente alla lontana della donna che si è macchiata di quella terribile colpa. Eppure sulle sue pagine Facebook e Instagram sono comparsi insulti e minacce da parte di tanti utenti che hanno cercato sul web il nome e il cognome senza appurare se fosse realmente la persona cercata. Nome, cognome, città di residenza e una foto della 23enne con la figlia tra le braccia sono bastati per far scattare le parole d’odio. Ecco alcuni esempi: “Marcisci in carcere e rifletti su cosa hai fatto”, o anche “Sei una m... di donna. Hai ucciso tua figlia, il sangue del tuo sangue”, fino a“Ti sei rovinata l'esistenza. Tua figlia ti maledirà, come i tuoi genitori e i tuoi suoceri”. Questi sono solo alcuni dei post pubblicabili, ce ne sono di molto peggio.

Si è rivolta alla polizia Postale

Da considerare tra l'altro che la ‘vera’ Martina Patti non ha profili sui social e comunque, essendo dietro le sbarre, anche se li avesse non avrebbe in ogni caso la possibilità di leggere i messaggi a lei rivolti. La 23enne che ha subito per errore la collera del web ha cercato di affidare ai social la sua difesa.“Non sono io la mamma della bambina trovata morta”, ha scritto nella speranza che l’incubo finisca. La poveretta si è anche rivolta alla polizia Postale per denunciare quanto le sta accadendo.

L’arcivescovo di Catania, Luigi Renna, si era rivolto qualche giorno fa ai fedeli, spiegando loro che la vendetta non può riportare la piccola Elena in vita, e sottolineando che i sentimenti di rabbia e astio, anche se ben comprensibili, non sono in grado di dare la pace a nessuno.

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