Gli italiani si sono stancati degli insulti alla Meloni

Gli italiani si sono stancati degli insulti alla Meloni
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"E lasciami gridare/lasciami sfogare/io senza amore non so stare". È quasi mezzo secolo che lasciamo gridare e sfogarsi Adriano Pappalardo (nella foto), vecchia gloria del pop nazionale che alla fine degli anni Settanta travolse gli italiani con il suo brano cult Ricominciamo.

È sempre lodevole ricominciare per un artista di 80 anni, un guascone dalla voce graffiante, che nel tempo ha sostituito i riccioloni afro con una capigliatura sempre vaporosa quantunque più bianca. Va bene rilanciarsi, ma francamente è un po' tardi per imbucarsi nel vento sferzante dell'anti casta e della denuncia politica, specialmente se infilata a sorpresa in un concerto.

Ai suoi fans non è andata giù la malriuscita esibizione di Passoscuro, frazione di Fiumicino, dove ha vaneggiato di politici che campano cent'anni perché hanno i soldi per curarsi, mentre noi comuni mortali senza soldi, inevitabilmente, ce lo prendiamo nel c... Poco credibile nelle vesti di un Beppe Grillo post moderno. E altrettanto tardivo come kantautore impegnato, quello che non è mai stato. Target Disco per l'estate, Festivalbar, qualche simpatica schiamazzata in tv come un orco rabbioso senza peli sulla lingua, film pecorecci da botteghino d'estate.

Figurarsi Adriano Pappalardo nei panni dell'anti Meloni, manco vantasse nel suo pedigree romantico-incazzato quelle intemerate savonarolesche che fanno tremare i governi e cadere i ministri. A modo suo, proprio suo, si è avventurato a scimmiottare una parvenza di opposizione politica, mimando gesti espliciti e volgarissimi nell'alludere ai rapporti tra la presidente del Consiglio e il presidente Usa Donald Trump. Un dazio da pagare alle trance artistica che lo aveva trascinato ad assecondare pulsioni della platea che erano solo nella sua mente. È finita con una serie di scuse, almeno tre nella stessa serata, per placare il pubblico che aveva cominciato a fischiare o lasciare il concerto.

Diamo atto all'artista di non essere l'ultimo arrivato nel percepire le vibrazioni collettive sotto il palco. Eppure si era messo in testa di infiammare un raduno di assatanati contro il governo. Erano invece semplicissimi spettatori, anche molti bambini, radunatisi in piazza per ascoltare i suoi vecchi successi e non un comizio da trogloditi. Il cantante, nelle confuse giustificazioni, è riuscito persino a incolpare un anonimo "energumeno" che, prima dell'esibizione, lo avrebbe caricato a molla per compiacere un parterre di comunisti esagitati. Chissà se il vero scherzo della serata è stato questo, perché quello di evocare la morte certa per i malati senza soldi non ha fatto ridere nessuno. E poi quei gestacci indegni sui genitali, per di più rivolti all'indirizzo di una donna di Stato. Dai Adriano, roba da filmacci italiani di altre epoche ambientati tra supplenti hot e colonnelli petomani.

Nel mondo ci sono guerre e tragedie di ogni genere, per cui, siamo sinceri, il maldestro show di Pappalardo lascia il tempo che trova. Ma merita segnalare la reazione di un pubblico che non è più disposto a sciropparsi volgarità gratuite e fuori contesto anche se travestite da resistenza politica nei confronti della premier Meloni.

Forse è troppo pretenzioso leggere nella serata di Passoscuro la presa di coscienza di una maggioranza silenziosa da troppi anni oppressa da una minoranza rumorosa che spaccia come

mainstream battaglie estremistiche e istanze di nicchia. Ma per lo meno si è dimostrato che una netta presa di distanza è sufficiente ad arginare un'altra dittatura, non meno fastidiosa. Quella dei sessisti e dei maleducati.

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