Tutto quello che non torna nella morte di Giacomo Sartori

Il corpo di Giacomo Sartori era impiccato a albero a pochi metri dalla sua auto. Troppe cose non tornano in questa storia: omicidio o suicidio?

Tutto quello che non torna nella morte di Giacomo Sartori

Il corpo di Giacomo Sartori è stato ritrovato. Impiccato a un albero, con un filo elettrico attorno al collo e una catena sul terreno. Il cadavere era a poche centinaia di metri dal luogo dove era stata ritrovata la sua Volkswagen Polo, dunque ci si domanda come mai ci siano voluti due giorni prima della terribile scoperta. Un dettaglio che è solo l'ultima di una serie di cose che non tornano in questa storia nera.

Venerdì 17 settembre, Sartori si vede con gli amici in un'enoteca in via Vittorio Veneto, vicino a Porta Venezia. Appena arrivato, appoggia alle gambe della sedia lo zaino, che contiene due pc - uno personale e uno di lavoro - oltre al cellulare aziendale e al portafogli con tutti i documenti. Nel corso della serata, tra le 23.00 e le 23.30, qualcuno ruba lo zainetto. Il trentenne si accorge dell'accaduto, chiede ai gestori del locale se hanno visto qualcosa; poi chiama la famiglia - che ha poi riferito di averlo sentito particolarmente scosso - e saluta gli amici. Pochi mesi fa, Sartori aveva subito un altro furto: il lunotto della sua auto era stato sfondato e il ladro aveva rubato, anche in quel caso, uno zaino con apparecchi elettronici.

Ciò che succede da questo momento in avanti è un mistero. Perché Sartori, dopo un paio d'ore, si mette al volante e guida per ventuno chilometri fino alla campagna di Casorate Prima (Pavia), un paesino che non ha mai frequentato e dove non ha contatti (il trentenne è originario di Belluno). Proprio tra quei campi gli inquirenti hanno rintracciato, mercoledì 22, la Polo grigia: sul cruscotto è stato ritrovato il tagliando di mancato pagamento dell'austostrada A7, che il trentenne ha percorso tra le 2.00 e le 2.20 del mattino, pur consapevole di non poter pagare il pedaggio. Prima di arrivare in quello spiazzo verde, Sartori vaga in auto per le strade di Casorate, poi per quelle di Motta Visconti: le telecamere di sicurezza lo riprendono mentre gira in circolo, come se stesse cercando qualcosa o qualcuno.

Alle 2.30 il telefono personale di Sartori aggancia la cella telefonica di Motta Visconti, ma solo per utilizzare internet: probabilmente Giacomo invia dei messaggi su WhatsApp, ma non fa partire alcuna chiamata. Alle 7.15, il suo telefono è ancora acceso e aggancia di nuovo la stessa cella telefonica, ma neppure in quel momento vengono registrate chiamate vocali: c'è solo traffico dati, come cinque ore prima. Poi silenzio. Fino al ritrovamento dell'auto e, questa mattina, del cadavere. Ieri, due mazzi di chiavi e il portafogli vuoto di Sartori sono stati ritrovati nei giardini Montanelli di Milano, prova che il ladro ha svuotato lo zaino pochi minuti dopo averlo rubato.

L'ipotesi degli inquirenti è che il trentenne sia arrivato nella campagna pavese seguendo il tracciato del telefono tramite una delle applicazioni che permettono di conoscere la posizione di un dispositivo in caso di smarrimento. Probabilmente, si crede, stava seguendo i ladri.

Ed è per questo che, prima di salire in auto, non ha bloccato il proprio bancomat, un'operazione da nulla per una persona impiegata in un'azienda di software. Di fronte alla morte, però, non c'è alcuna certezza: si è suicidato per qualche motivo? Oppure è stato ucciso da chi gli aveva rubato lo zaino la sera prima? Solo l'autopsia potrà stabilire com'è morto Giacomo.

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