Roberto Scarpinato è un ex magistrato a lungo star del sistema giudiziario italiano, noto per i suoi teoremi fantasiosi e mai dimostrati che, inchiesta dopo inchiesta, hanno causato infiniti danni al Paese senza mai addivenire a una conclusione. Un soggetto del genere i Cinque Stelle di Conte non potevano certo farselo scappare e infatti oggi è un loro senatore, ovviamente membro della Commissione antimafia. Proprio in quella sede ieri, interrogando Sigfrido Ranucci convocato per la questione della bomba esplosa fuori casa sua, Scarpinato non si è smentito e ha chiesto al giornalista se ritenga ci possa essere un collegamento tra l'attentato e Palazzo Chigi. Insomma, partendo da una notizia falsa, divulgata tempo fa da Ranucci stesso, secondo la quale in passato lui sarebbe stato pedinato dai servizi segreti su ordine di Giovanbattista Fazzolari (sottosegretario alla presidenza del Consiglio che per questo lo ha querelato), l'ex magistrato non esclude che il mandante della bomba potrebbe essere Giorgia Meloni o giù di lì. Scarpinato a parte, gli italiani dovrebbero ben riflettere sul livello a cui è arrivata, non da oggi, una parte non marginale della magistratura italiana: un mix di pazzia, arroganza, incapacità e, perché no, pure stupidità. E ragionare su un fatto: se Scarpinato è un testimonial in prima linea per il "No" al referendum sulla riforma della giustizia appena approvata dal Parlamento, beh questo dovrebbe essere sufficiente per andare alle urne e votare convintamente "Sì" a scatola chiusa: basta con i tanti Scarpinato che pensano di essere i padroni dell'Italia. Ieri, per esempio, il procuratore generale della Cassazione, cioè colui che dovrebbe rappresentare l'accusa, ha chiesto alla Corte di annullare il mandato di cattura che la procura di Milano aveva emesso nei confronti di Manfredi Catella, il super costruttore coinvolto nell'inchiesta sull'urbanistica: non c'è alcuna prova che ci sia stata corruzione.
Come dire: i miei colleghi di Milano non hanno capito nulla, non sanno fare il loro mestiere. Vedremo a giorni quale sarà la decisione della Corte, ma già oggi possiamo dire che siamo di fronte all'ennesimo caso di giustizia spettacolo un tanto al chilo. Però, ovviamente, guai a parlare di riforma.