L'Inps certifica (ancora) il flop di Renzi e Jobs Act

Crollano i contratti a tempo indeterminato nel 2016: calati del 91%. Si dissolve così la riforma del mercato del lavoro renziana

L'Inps certifica (ancora) il flop di Renzi e Jobs Act

Un altro flop di Matteo Renzi certificato dall'Inps. Il Jobs Act non è mai decollato. Sono ammontati a 340.149, al netto delle cessazioni, i nuovi contratti stipulati nel 2016, poco più della metà di quelli registrati nel 2015 che aveva chiuso a 627.569. Crollo invece per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato che hanno chiuso l'anno a quota 82.917 contro i 934mila registrati invece nel 2015: 851mila in meno dunque a causa del progressivo scomparire della decontribuzione.

In calo anche le cessazioni (-3,1%) mentre i licenziamenti restano stabili. I nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato, infatti, senza calcolare le cessazioni, sono ammontati a 1,264 milioni, il 37,6% in meno del 2015 mentre le trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti a termine sono state 378.805, il -35,4% in meno dell'anno precedente. Sono stati pari invece a 81.305, invece, il 5% in meno, gli apprendisti trasformati a tempo indeterminato. Il tutto a fronte di 1.642.049 cessazioni che portano il dunque il saldo 2016 a 82.917 assunzioni contro i 934.092 del 2015. Insomma la riforma renziana del mercato del lavoro continua a far acqua da tutte le parti.

Quanto alle cessazioni nel complesso, comprensive anche dei rapporti di lavoro stagionale, risultano diminuite del 3,1%. La riduzione è più consistente per gli apprendisti (-11%) e per contratti a tempo indeterminato (-7%). Analizzando le cessazioni per tipologia, i licenziamenti complessivi relativi a rapporti di lavoro a tempo indeterminato, pari a 646.000, risultano in modesto aumento rispetto al 2015 pari a 624.000 e in leggero calo rispetto ai 671mila del 2014.

Il tasso di licenziamento per l'intero 2016 (calcolato rispetto all'occupazione esposta al rischio ad inizio anno) è stato del 5,9% che risulta inferiore a quello corrispondente del 2015 pari al 6,1% e del 2014 che segno un 6,5%. Sul trend dei licenziamenti ha inciso l'introduzione dell'obbligo delle dimissioni on line. La progressiva consistente riduzione della decontribuzione dunque ha inciso sui numeri del 2016.

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