L'Italia favolosa del Da-da-un-pa

Improvvisamente apparvero due magnifiche ragazze tedesche, definite banalmente stangone, erano ballerine, dalle lunghe gambe, bellissime

L'Italia favolosa del Da-da-un-pa
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Favolosi quegli anni Sessanta. Il Financial Times aveva giudicato la lira come la moneta più salda del mondo occidentale, era il miracolo economico, era l'Italia che usciva dagli affanni del dopoguerra, era la televisione in bianco e nero, un canale solo della Rai e il popolo in attesa dell'evento, il festival di Sanremo e il varietà del sabato sera. Giardino d'Inverno e poi Studio 1, lo spettacolo portato a casa, artisti internazionali, il francese funambolo Henri Salvador, l'improbabile mago Mac Ronay, Canfora e Gorni Kramer, improvvisamente apparvero due magnifiche ragazze tedesche, definite banalmente stangone, erano ballerine, dalle lunghe gambe, bellissime, inquietanti, già avevano mostrato le loro qualità al Lido di Parigi, danzavano e cantavano Alice ed Ellen Kessler, La Notte è piccola per noi, troppo piccolina e poi, Pollo e Champagne, oh mon cheri, non vedo l'ora di tornare a Paris, ma su tutti, prima di tutto, Da-da-un-pa e fu il boom, come l'epoca dorata del Paese. Mormorii vaticani suggerirono ai dirigenti Rai di coprire, con generose calzamaglie nere, quelle meravigliose gambe definite provocanti, lo stesso sarebbe capitato in seguito a Zizi Jeanmaire, ma l'effetto non cambiava di un respiro, perché sbirciavamo i movimenti, intuivamo le mosse, la mano guantata che accarezzava l'omero e poi lentamente scendeva verso l'avambraccio, il polso, ispirava sogni, desideri, voluttà ad un pubblico abituato a La tv degli agricoltori e a Non è mai troppo tardi, infine allupato di quella apparizione niente affatto divina. Non era affatto tardi per stropicciarci gli occhi e assistere allo show, non ci interessava sapere chi fosse Alice e chi Ellen, la somma faceva il totale, semmai erano le nostre dolci signore, madri, fidanzate, zie e nonne, insomma il parentado femminile, ad osservare, di sbieco, con sguardo misto tra invidia e gelosia, il balletto sinuoso di quelle tedesche che erano pure gemelle, a madre natura non bastava una, due ne aveva concepito, Jawohl! Il sabato sera era il giorno dell'adunata nazionale, la nostra movida casalinga, dopo Carosello i pupi a nanna e noi davanti al televisore, alcuni apparecchi dotati di stabilizzatore per evitare gli sbalzi di tensione elettrica, altri con antenna a baffo come supporto e garanzia di visione, tutti senza telecomando ma con manopola per aumentare il volume, le serate si concludevano intorno alle ventitré, la sigla di fine delle trasmissioni accompagnava una antenna verso le nuvole del cielo, si intitolava Armonia del pianeta Saturno, era l'ultimo invito a coricarsi per chi non si fosse già addormentato sulla poltrona del salotto o la sedia del tinello. Alice ed Ellen fecero perdere la testa a mezza Italia, l'altra mezza ballava il Da da un pa anche in chiesa, se Virna Lisi con quella bocca poteva dire quello che voleva, con quelle gambe le Kessler potevano portarci in paradiso. La Rai non temeva concorrenza, poteva ingaggiare i migliori artisti internazionali, Roma era l'isola del tesoro, la dolce vita non era soltanto un film. Fiorirono leggende, gli amori con Chiari, Salerno, Lancaster, Orsini, i giornali della sera pettegolarono che Ellen, presa dalla passione di un misterioso italiano, avesse deciso di separarsi dalla gemella, però sarebbero saltati i contratti, finiva la favola, Alice da sola non avrebbe retto, ovviamente trattavasi di balle, bufale, oggi si direbbe fake news.

Di certo l'accento teutonico, ma con un ottimo italiano per nulla sturmtruppen, aumentava l'acchiappo virtuale, a volte era per loro goffo curvarsi, dai loro stracentimetri, verso Paolo Panelli o don Lurio ma chissenefregava, Alice ed Ellen facevano parte dei nostri amori clandestini, erano il riscatto rispetto alle loro compatriote, tonde e rubizze, delle estati romagnole. Resta la memoria in bianco e nero. Questa notte non sarà piccola per noi.

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