Coronavirus

L'osceno scaricabarile contro le regioni del Nord

Ma quale "solidarietà nazionale" invocata dal presidente della Repubblica e millantata dal premier Conte che ieri, alle strette, ha detto «sì» a una cabina di regia dell'emergenza con le opposizioni.

L'osceno scaricabarile contro le regioni del Nord

Ma quale «solidarietà nazionale» invocata dal presidente della Repubblica e millantata dal premier Conte che ieri, alle strette, ha detto «sì» a una cabina di regia dell'emergenza con le opposizioni. Non solo, a oggi, la maggioranza giallo-rossa non ha alcuna intenzione di ascoltare il centrodestra ma ha avviato una operazione di sciacallaggio nei confronti dei governatori del Nord, scaricando colpe e responsabilità di ritardi e inefficienze su Fontana e Zaia, presidenti di Lombardia e Veneto.

Sarebbe facile ricordare che il 27 gennaio il premier Conte, ospite di Lilli Gruber, disse: «Siamo prontissimi, abbiamo adottato tutti i protocolli di prevenzione possibili e immaginabili», salvo poi scoprire pochi giorni dopo che non avevamo né respiratori né mascherine; sarebbe semplice ricordare al Pd che il suo sindaco di punta Giorgio Gori, primo cittadino di Bergamo, ancora l'11 febbraio portò la giunta a mangiare in un ristorante cinese «perché bisogna evitare i pregiudizi»; sarebbe ovvio ricordare che mentre Conte e la sinistra brancolavano nel buio i governatori del Nord già imploravano isolamento, restrizioni e lanciavano allarmi sulla mancanza di mezzi adeguati; sarebbe ovvio ricordare al Pd e ai Cinquestelle che lo scarso utilizzo dei tamponi per scovare i positivi è stato deciso dall'Istituto superiore di sanità che risponde al governo, non alle regioni.

Con l'avvicinarsi di decisioni impopolari (altro che chiusura solo fino al 4 aprile) e di scadenze drammatiche (servono altri soldi, ma le casse sono vuote), i partiti di maggioranza cercano di passare il cerino nelle mani dell'opposizione, aprendo una tardiva «cabina di regia» e mettendo in croce i suoi governatori, il che ben ci fa capire in che mani siamo.

Di questo passo ci si va sicuramente a schiantare, occorre un cambio di linea, di visione, di competenza, uscire dalla rissa politica che si sta accedendo. E c'è una sola persona che potrebbe prendere in mano il cerino con buone probabilità di non scottarsi lui e di evitare che l'incendio si propaghi: si chiama Mario Draghi. In molti lo evocano, lui ha aperto uno spiraglio con un illuminante articolo sul Financial Times (che oggi ripubblichiamo). Escludo che sgomiti per prendere in mano il Paese, ma non escluderei che - se chiamato - possa accettare, a determinate condizioni, di provare a salvarlo. O almeno lo spero.

Non è l'ora dei dilettanti.

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