Mai cambiare vita ora che finalmente siamo liberi

Mai cambiare vita ora che finalmente siamo liberi

Mio cugino, appena gli è scoccata l'ora della pensione, ha fatto le valigie, ha dato un bacio alle figlie ormai grandi e si è fiondato in Portogallo con sua moglie. Dove, di preciso, lo ignoro. Non lo vedo né lo sento da dieci anni. Mio cugino ha tre o quattro anni più di me, e sinceramente non vorrei seguire il suo esempio. Sapete, avendo io 57 anni suonati, mi sto già allenando per andare, come si diceva una volta, «a riposo». E vorrei riposare (pur ricordando il motto secondo cui «fare il giornalista è sempre meglio che lavorare», e possibilmente prima di «riposare in pace» una volta per tutte) dove decido io, non dove decide lo Stato, italiano, portoghese, nepalese o uruguagio, sotto forma di pressione (fiscale) sulla pensione.

E poi c'è un'altra questione, se vogliamo socialmente ancora più importante, laddove la prima è dettata dal mio bieco individualismo secondo alcuni persino anarchicheggiante. La questione è la fuga dei cervelli. Si parla solitamente di «fuga dei cervelli» quando il trentenne ingegnere nucleare di Barletta o la venticinquenne biologa di Pavia, stanchi di fare il lavapiatti e la centralinista, salutano tutti ed emigrano nell'Illinois o a Tokyo. Invece io qui mi riferisco non certo al mio, di cervello, bensì a quelli dei miei prossimi... chiamiamoli così, colleghi di assegno mensile. Perché credo che, soprattutto oggi, a giudicare da ciò che pensa e poi purtroppo fa la gran parte dei giovani, quelli che in Italia mostrano ancora di avere mediamente un po' di cervello siano proprio i pensionati,

Alzheimer a parte.

Ma come, non si dice sempre che (toccate ferro, cari lettori) l'età media è in continua crescita? Che gli anziani ringiovaniscono (toccate ancora ferro) anche nello spirito? Che persino il sesso, e senza doping, dopo i 70 non è più un tabù? E allora perché ci volete usare come un volgare Viagra per rialzare il Pil di un misero 1 per cento? E poi, con tutto il rispetto per la Sicilia, la Sardegna, la Calabria che dovrebbero essere le nostre nuove mete, terre bellissime, per carità, e fra l'altro dal clima più salubre rispetto a quelli di Milano o di Torino, perché dovremmo cambiar vita proprio

quando possiamo tornare a viverla come ci piace? Come quando non avevamo ancora incominciato a pagare i contributi per ingrassare quei papponi dei politici?

Visto? Mi sto allenando bene, sto già facendo discorsi da pensionato.

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