Coronavirus

Di Maio, i fannulloni e le imprese di Milano

Ieri, grazie anche al generoso contributo di voi lettori di ogni parte d'Italia, a Milano è stato aperto, nei padiglioni della Fiera, un nuovo ospedale che, a regime, avrà oltre duecento posti di rianimazione

Di Maio, i fannulloni e le imprese di Milano

Ieri, grazie anche al generoso contributo di voi lettori di ogni parte d'Italia, a Milano è stato aperto, nei padiglioni della Fiera, un nuovo ospedale che, a regime, avrà oltre duecento posti di rianimazione. Non parliamo di una struttura da campo ma di un vero e proprio ospedale, nel suo genere tra i più moderni a capienti d'Europa che farà capo a un'altra eccellenza, il Policlinico di Milano. Lo hanno costruito sotto la regia di Guido Bertolaso in dieci giorni, lavorando su tre turni 24 ore al giorno, in deroga a lacci e lacciuoli della burocrazia. È un ponte Morandi bis (il capolavoro ingegneristico di Genova, issato in meno di un anno), dimostrazione che in Italia, se solo si vuole, tutto si può fare e non si è secondi a nessuno.

Il giorno che in Italia, non dico tutto ma quasi tutto, dovesse funzionare in questo modo potremmo dire di essere diventati un Paese serio e moderno: la politica che sceglie e coordina (grazie presidente Fontana), i tecnici che mettono in campo le migliori intelligenze (grazie Guido Bertolaso), imprese e lavoratori che si buttano a capofitto e, perché no, privati (grazie anche a voi lettori) che finanziano direttamente ciò che serve alle loro comunità invece che gettare soldi nel calderone bucato dello Stato.

Ma quel giorno purtroppo è lontano. Il nuovo ponte Morandi e l'ospedale di Milano sono opere nate sull'onda di tragedie e lutti - un vanto che ci saremmo volentieri evitato -, quando invece dovrebbero essere la normalità dell'agire pubblico. Quel giorno è lontano perché siamo schiacciati dall'incompetenza, dall'assistenzialismo e dalla burocrazia.

E qui mi rivolgo al ministro Di Maio, padre del famigerato reddito di cittadinanza. Come Di Maio saprà il settore agricolo parte fondamentale della nostra economia - è in grande sofferenza. La terra non aspetta, i raccolti neppure, ma mancano, tra quarantene, malati e stranieri fuggiti, almeno 370mila addetti, questione di giorni e la stagione andrà in malora. Manca manodopera, ma oltre due milioni di persone sono a casa a far niente ufficialmente in attesa di occupazione ben pagate dal reddito suddetto. Ecco, possibile, signor ministro, che il dieci per cento di questi non possa essere obbligato ad andare nei campi, pena la perdita del ricco sussidio?

Altro quindi che estendere il reddito. Estendiamo il lavoro che, come si vede, non manca. Non farlo è un insulto a tutti noi, a chi in quindici giorni ha costruito da zero un signor ospedale. Chi non ha voglia di lavorare, signor ministro, si arrangi. Non è più tempo di fannulloni.

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