Manette per tutti tranne che per loro
Questo è il momento del fare e del dolore, non c'è dubbio, ma prima o poi verrà il giorno di tirare le somme di questo disastro
Questo è il momento del fare e del dolore, non c'è dubbio, ma prima o poi verrà il giorno di tirare le somme di questo disastro

Questo è il momento del fare e del dolore, non c'è dubbio, ma prima o poi verrà il giorno di tirare le somme di questo disastro. Che è sì un disastro sanitario, ma anche gestionale tra ritardi, errori ed omissioni che hanno sicuramente dilatato il numero dei contagi e quindi dei morti.
Non ci pare vero che la magistratura se ne stia alla larga, ne siamo felici. Prendiamo però atto che ancora una volta i giudici, anche di fronte a emergenze e catastrofi naturali, intervengono sul livello politico o spariscono in base al colore del governo di turno. Matteo Salvini è a processo per avere chiuso i porti e secondo l'accusa messo a rischio la vita, la libertà e la dignità di un centinaio di immigrati bloccati per qualche ora a bordo di una nave in condizioni di massima sicurezza nel periodo dell'emergenza sbarchi.
Se il principio deciso dai pm, dal Pd e dai Cinque Stelle sul caso Salvini è quindi che le responsabilità politiche sono giudicabili penalmente, mi chiedo se lo stesso non dovrebbe valere oggi nei confronti di chi, pur conscio del rischio imminente di epidemia (sancito in un decreto del governo il 31 gennaio), non ha procurato per tempo mascherine, tamponi e apparecchiature salvavita, mandando così allo sbando prima e provocando la morte poi di decine di medici e infermieri e di migliaia di ignari italiani.
Io auguro al ministro della Sanità Roberto Speranza di non mettere mai piede in un tribunale, ma almeno si faccia una domanda con onestà: perché ho votato per mandare alla sbarra il ministro Salvini (zero immigrati morti e feriti) e io (diecimila italiani morti e centomila feriti) dovrei farla franca?
Mi auguro che la risposta per favore non sia la più vera: perché Salvini è leghista e lui di sinistra. E a proposito. Terremoto a L'Aquila, 2009, governo Berlusconi, Bertolaso capo della Protezione Civile, 306 morti. A processo finiscono tutti i membri della commissione Grandi rischi (che dipende da Palazzo Chigi), l'equivalente nelle catastrofi dell'Istituto superiore di sanità per il virus. La surreale accusa è di non aver previsto il terremoto. In primo grado furono tutti condannati a sei anni (prosciolti nel 2015 in Cassazione) per comportamenti «inefficaci in relazione ai doveri di previsione e prevenzione» e «rassicurazioni infondate».
Nessun solerte magistrato oggi si permette di rivolgere la stessa accusa al premier Conte (e ai suoi collaboratori) che ancora il 30 gennaio rassicurava in tv: «Italiani, tranquilli, la situazione è sotto controllo, siamo pronti, non accadrà nulla di grave», inducendo così a comportamenti suicidi milioni di persone.
Anche a Conte auguro ogni bene, ma si vergogni di aver venduto Salvini ai magistrati. E i magistrati si vergognino di quello che stanno facendo a Salvini e fecero ai tempi della berlusconiana emergenza a L'Aquila.
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