Il manifesto anti Salvini del prete rosso

Il manifesto anti Salvini del prete rosso

«No al sovranismo che sbatte la porta ai migranti senza chiedere neanche perché sono venuti», no alla scelta «di alzare muri e di far credere che questi siano sufficienti ad affrontare un problema così grande», no ai politici che non si interrogano sullo «squilibrio economico tra Nord e Sud del mondo», no a un'Europa «che si sente una fortezza» e che invece ha i piedi d'argilla a causa del «declino demografico».

È il manifesto della Chiesa che Papa Francesco ha disegnato per il futuro: a tratteggiarne le linee chiave è l'arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi nel suo libro Odierai il prossimo tuo (Piemme), scritto con Lorenzo Fazzini, di cui Repubblica ha anticipato uno stralcio. Un manifesto che sembra ideato per titillare i nemici di Matteo Salvini più che per evangelizzare, compito che la Chiesa sembra avere messo in secondo piano, quasi come fosse una missione fallita in partenza. Lo ammette lo stesso Zuppi in un'intervista con il direttore del Qn Michele Brambilla. Citando Papa Francesco, Zuppi ammette: «Con certe facce da funerale o da mummia allontaniamo dal Vangelo». E da Cristo, visto che, parole di Zuppi, «la cristianità intesa come appartenenza ereditaria o sociologica è finita», e va «riempita di significato», perché «essere cristiani è sempre di più una scelta interiore, personale che dobbiamo vivere nella città degli uomini, della quale dobbiamo essere il sale».

Ma c'è un pezzo di Chiesa che non ha (ancora) smesso di andare a Messa e che vede nel centrodestra a trazione leghista l'unica risposta al malessere di una comunità smarrita, senza riferimenti, con una Chiesa (italiana) che sembra legittimamente rivolgere il proprio sguardo in un altrove lontano. Si fa fatica a sentire Zuppi parlare più di quel che succede in Africa, in Cina o in Siria, glissando sulle periferie della sua Bologna e dell'Italia tutta. Perché se è vero che bisogna aiutare «chi fugge dalla povertà e affronta il Mediterraneo», è anche vero che in Italia c'è un disagio e una povertà dal sapore antico, quasi inedita. Che la Chiesa conosce e aiuta a risolvere, senza dubbio. Ma a questi penultimi, a chi perde un lavoro, a chi è in mezzo alla strada per un divorzio, a chi è costretto a rifarsi una vita per colpa della globalizzazione non pensa nessuno. E c'è un welfare che per questo rischia di saltare a pezzi. C'è una rabbia che la politica intercetta, non solletica. Che esiste, e a cui bisogna dare voce e risposte.

L'ha detto anche Zuppi: il male, per combatterlo, va incontrato. Bergoglio ha visto tutti i «cattivi» del mondo, da Erdogan a Trump. L'appello per far incontrare il Papa e il leader della Lega è caduto nel vuoto, il dialogo che l'ex numero uno della Cei Camillo Ruini ha auspicato è rimasto lettera morta. L'incontro tra l'ex ministro dell'Interno e il presule bolognese ci sarebbe stato, anche se Salvini nega. D'altronde non passa giorno senza che qualche sacerdote si esibisca in una predica anti Lega. Ieri l'arcivescovo di Milano Mario Delpini ha fatto visita al prete anti Salvini don Giorgio De Capitani, condannato alcuni giorni fa a Lecco per diffamazione ai danni del leader leghista. «È una scelta esplicita della Curia milanese, che ha preferito solidarizzare con un prete anti-salviniano», gongola il parroco rosso.

E che dire di don Massimo Biancalani, altro prete «sinistro» che non nasconde la sua irritazione per Salvini, che alla fine della messa ha intonato Bella ciao. Non è forse questo un muro alzato? Eppure è lo stesso Zuppi che dice «bisogna parlare con tutti. E questo spaventa un po' il fariseo che è in noi. Gesù condanna il peccato, non il peccatore».

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